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Utente eliminato
Pubblicata il 04/07/2002
Era il pesce a regnare
il freno d'eccesso in torsione...
stelle zoppe s'inseguivano
come aghi e cicale sorde al caldo,
sequoie sonnolenti nel fumo.

Svezzo l'evo
oltre la metà campo,
nessuna difesa avversaria
nel rantolio di zanzara...
sarà uno a zero.
Così finiscono le partite solitarie.
Uno a zero.

Gemella di sconfitta,
nemmeno una vittoria
contiene l'avanzo d'eterno...

"Bambini in monoliti di carne
issate ora le mura al vestiario,
pifferaio in baci a sonagli...
la schiena sta per pungervi al collo,
Venere fra Terra e Mercurio.
Attenti ora al sacro smarrito...
il cerchio si ferma
invasato d'andanti anni,
la Madre piange i suoi figli derisi
in pallide promesse ingiuriose.
Chiudete gli occhi...
lo vedete il banchetto del mendicante?
Tre immagini siedono al piatto...
una tigre,
un giovane guerriero indiano,
un fungo d'esplosione".

In ogni viso
la fine di un ballo...

La fattucchiera coda di volpe
svanisce alla prima luce,
appare il comodino,
appaio io nel sudore...
non tornerà mai più
la maga sciacallo
e tutto è solo l'inizio
di un frammento ormai sasso.

Continuano i passi
in antri d'omofono al moccio...
un lume d'anima fioca,
l'effige in congiura.
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:-)
Eccoti.
Qui era più visibile quello che tu dici il "viaggio" mentre scrivi.
Forse perchè hai lasciato delle tracce dell'"andata" e del "ritorno": quando l'evanescente pieno di immagini si riannulla in quello che è l'opaco attimo reale e il "tu" allo specchio...
Come sempre stupito dall'efficacia cromatica ( meglio, psichedelica ) delle tue parole.

il 04/07/2002 alle 11:18