La poesia Irraggiamento è induzione si presenta come un viaggio visionario, ma non nel senso astratto o puramente mistico: il suo cuore pulsante è il desiderio, la forza primordiale dell’eros. È un sogno — o forse un delirio lucido — in cui la figura di Virginia, più che guida spirituale, è presenza carnale e simbolica, una musa che incendia. I “territori perduti di Ophiuco la rossa” non sono soltanto luoghi cosmici, ma spazi interiori dimenticati, dove la passione, come i vulcani citati nel testo, non è mai stata spenta. Virginia non parla: comanda. Le sue parole non sono solo voce, ma impulso, detonazione. E ciò che si scatena è una “esplosione metabolica”, qualcosa che ha a che fare con il corpo, con il sangue, con la vita che pulsa e si trasforma. Pompei ritorna come immagine potente: non solo tragedia, ma anche memoria fissata nel fuoco. La città sommersa dalla lava diventa metafora di un'esperienza erotica totalizzante, definitiva, che annulla i confini tra sogno e realtà. Il finale, con l’inversione tra giorno e notte, rafforza questa dimensione sensuale e ambigua: in questo universo ribaltato, la coscienza è sovvertita, come accade nei momenti in cui il corpo parla più della mente, e il tempo perde la sua direzione. Irraggiamento è induzione è una poesia che vibra di desiderio e di tensione, un sogno lucido in cui l’eros si veste di stelle, galassie e parole incandescenti. Una notte cosmica che si fa carne. 666 lei apparve — Virginia — fatta di luce rossa e silenzio. Non erano più sulla Terra. Camminavano su sentieri bui, tra stelle tremanti e pianeti sospesi. Ophiuco, disse lei, mentre lo guardava con occhi che sembravano crepe nel cielo. E nel suo sguardo c’era il fuoco. Ogni parola che gli sussurrava accendeva qualcosa dentro. Ovunque. I corpi si cercavano come galassie in collisione, e ogni contatto era un’esplosione. Le sue mani lo guidavano, come comandi magnetici. I vulcani del desiderio — mai spenti — si risvegliavano in nuove Pompei. Il tempo si rovesciava. La notte brillava più del giorno, il giorno cedeva al buio. Lui non distingueva più sogno da realtà, ma non importava.C’era solo lei. Virginia. Il suo irraggiamento. La sua induzione. Mi è piaciuta tanto...ho voluto esagerare...abbi pazienza.Abbracci.
Magnifico sviluppo della mia poesia, la tua analisi e racconto in profondità, hai colto PERENNEMENTE ogni metafora che era permeata d’erotismo, Pompei compresa, lava e camera rossa, con affreschi erotici. Conserverò il tuo bel commento! Grazie Ninetta, un abbraccio… rosso!
caro Pierfrancesco molte volte la storia la scrive chi vince ,un abbraccione
io rimando ad un commento scritto anche a guperaz....Clio, la musa della storia, è tutta infetta di menzogne, come una prostituta di sifilide....Arthur Schopenhauer