Lei mi guardo’ maliziosa
una volta,
poi oso’ una seconda
con lo sguardo mutato
da malizioso
a decisamente provocante.
spiccava tra la folla
come un girasole solitario
incontrato per caso
in Siberia.
infine prese coraggio
mise a repentaglio
intimamente
la sua dignita’ di donna,
di una bella donna,
di una Dea,
e fece la pazzia!
si giro’ a cercare
il mio sguardo
per la terza ed ultima volta,
lasciando trasparire
una luce di supplica
tra gli abissi dello sguardo
da pantera a caccia.
con quella magia
avrebbe potuto cavare
un boccone
dalle fauci
di un buco nero.
ed io rimasi li,
come un fico secco,
incredulo
di fronte ai disastri
che una cosa tanto perfetta
come il destino
era capace di combinare.
a bocca aperta
mi limitavo a svolgere
EGREGIAMENTE
la sola funzione necessaria
alla mia sopravivenza,
RESPIRAVO,
e basta!
il mio alito sapeva
di cadavere di dignita’
gia’ marcito.
mi chiedo che sia successo,
ho assistito alla scena
da spettatore,
colto di sorpresa
da tanto ardore.
ancora oggi quando ci penso
anche il miele mi e’ amaro
e il canto dell’usignolo
mi sembra inutile e lontano.
piu’ tardi quella sera
la vidi abbracciata
ad un anonimo
figlio di puttana,
dal suo viso era eloquente
che il tizio non godeva
ma mostrava!
io guardavo
e pensavo
che avrei dovuto essere
preda meno abile,
intanto reggevo abbraciando,
al posto della mia Dea,
il migliore amico
impegnato nell’ offensiva
al mal di testa
e nella diffesa
dello stomaco in rivolta.
in quel momento
arrivo’ la mia punizione divina
che mi smosse le budella
e che adesso mi spinge a scrivere queste righe,
a dividere la pena con un foglio
ignaro di cio’ che lo aspetta,
come il fulmine culminante
di una tempesta
Lei mi mando’
da sopra la sua spalla
uno sguardo
intriso di rimprovero,
macchiato dal rimpianto,
una fulminata
alla scatoletta dei sentimenti.
senti un’armata di trombe
annuncianti la fanteria
del dio Rimpianto!
sotto le gambe
mi senti mancare
la terra.

adesso voltastomaco
e mal di testa
lo avevamo in due