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Pubblicata il 14/01/2002
Io non ricordo,
da che lontano fui in diverso cielo,
il profumo degli aranceti che si spande
per la sopita valle,
e la falena
impazzita che devasta i campi,
il lucernaio ove i minuti si raccolgono
e ascendono al cielo
accorate preghiere.
Non ricordo la valle
e il materasso d'erba
che nude membra accolse
come un cumulo di strame,
fieno rabido, acerbo.
Non ricordo questa mia valle
inerme,
le sere antiche
di seta e d'oleandro
amaro.
Quest'olmo è l'albero
che aveva emesso il suono
che non rinviene,
lo tocco adesso
e mi par vecchio.
Sulla scorza dura
ancora leggo il frego arcano
la tocco adesso
e si fa sale tra le mani, ricade
nel riale che s'abbuia
e ne nasconde i vepri aguzzi.

Allungo il piede nel fossato scuro
e si fa nero
non più mio
sfioro una spina
e mi rinviene il senso
dei secondi che dilatano
del minuto eterno,
si fa memoria e m'addolora
il tempo
passato
che più non m'appartiene.

La tua imago è tersa poi
svanisce.
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