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Utente eliminato
Pubblicata il 05/05/2022
Quando sono così triste
non è vero che voglio che nessuno mi guardi,
è necessario, però
che nessuno mi veda,
dentro intendo, oltre il costato e lo sterno: e allora me ne sto,
zitta,
zitta e china
con il capo proteso verso la fossa
e l'occhi,
vegliardi e animati da quella curiositas
che da sempre, farabutta
mi frega
se ne stanno furbi, attenti
che qualcuno li scorga,
che qualcuno s'accorga
di quella stupida nube che aleggia da sempre attorno alla mia costruita fisicità,
l'anima, si intenda
impalpabile ai composti,
mentre è allegra ballata per i pazzi
stasera è in festa: io cupo,
l'altri disattenti
lei balla, perchè finalmente ho scorto la sua esistenza
e non bastano i piedi fermi in terra,
né la gobba in forma di protesta; qualcuno ha scorto l'ali
e allora prendo il volo,
e non è mica d'improvviso che tutto intorno è vivo,
mentre l'attimo prima era morto!

saranno passati decenni, forse secoli
tra questo secondo,
e quello precedente.

so solo dirvi che il dolore,
questo fetente
aveva solo voglia di gridare in faccia al vento,
che come un pulcinella attento,
lui fuori è maschera
fissità indiscussa, miseria
tristezza
ma dentro,
dentro è tutta vita,
che quando è scorta, finalmente
la primavera arriva.

e dritto,
dritto e fiero
m'aizzo al cielo e grido intorno: a tutti i savi,
a tutti voi mortali
cantatelo il dolore,
che quella è tutta vita,
l'pianto è chiassore,
ma poi diventa canto,
melodia
l'indecifrabile codice di chi è vivo,
e prima o poi, silente
nell'indifferenza d'un giovedì morente,
incompreso e col volto malmesso, solchi e lacrime l'compromesso
con un sorriso in volto,
calmo, nell'equilibrio d'un cielo storto,
pazzo e gobbo,
ma vivo,
vola via.
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