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Pubblicata il 05/11/2019
lo stop

stop! Stop! Stop!
mi urla l'asfalto.
chiedo scusa, ero distratto
dal cobalto dell'alba
e dalle tette di questa sconosciuta.
comprendo Socrate:
a volte la cicuta ha un sapore
migliore di una sbornia bevuta
la sera prima per affogare
le voci in qualche bottiglia
di vino. La sua ciglia è dolce
quando sbatte come una farfalla,
mi ricorda un dente di leone
che sventola nel vento.
a stento ricorderò il suo nome,
ne sono sicuro.
spero che lei non ricordi il mio.
anche questa notte è passata
nel cercare Dio fra una chiazza
di vomito all'angolo della strada
e buste d'immondizia gettate
un po' a cazzo.
son sicuro che un buco nero
sia simile allo sciacquone
del cesso: vortica, vortica,
nel suo abisso, e fa arrivare
la merda da un'altra parte.
se solo Shakespeare avesse
avuto il telefonino avrebbe scritto
cazzate come le mie,
altro che poesie.
avrei pagato il Globe Theatre a rate
come la macchina,
mi sarei indebitato di versi e rime
e avrei pagato in speranza
e attrici volenterose di una copertina.
non vedo l'ora di buttarmi
nella tomba e riposare un po',
giusto un'eternità, per dimenticare
questi 20 anni.
devo lavare i panni, stendere la lavatrice
e poi fare una doccia per andare a lavoro.
mi scoccia lavorare quando sboccia
il sole come un papavero rosso.
onoro la mia virtù e mando
a fare in culo quel despota
che compra il mio tempo
con due tozzi di pane.
dormirò fino a sera
e poi scriverò sulla polvere
del tavolo col dito,
l'infinito.
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