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Pubblicata il 30/10/2012
In un piccolo paese d'un luogo imprecisato
in un tempo indefinito, un burbero tiranno
governava col pugno di ferro.
Quanti si ribellarono e trovarono esilio o morte,
beati quest'ultimi perchè già viventi in terre libere
poveri i primi e chi rimaneva che pativano fame e violenza.
Gli anni passarono così:
i contadini lavoravano duramente,
le donne gestivano con perizia la casa,
i non contadini erano pescatori o se fortunati soldati,
capaci di garantire alla famiglia quel poco per vivere
prima del giungere delle capricciose tasse.
Per ogni figlio maschio 10 monete,
per ogni figlia 5 monete,
per ogni anizano 10 monete,
per ogni bestia 20 monete.
Un soldato, condizione più agiata guadagnava circa 70 monete,
i contadini, quello che racimolavano
dalle loro vendite, non più di 15 giornaliere.
Ma ogni famiglia contava però almeno 3, 4 figli e 2 anziani.
Quando non si riusciva a pagare, allora vi erano due strade:
la prigione, o vendere il bene in eccesso.
Per lo più le figlie che divenivano schiave presso il tiranno.
Egli delle tasse ne faceva consumo immenso,
come un porco in un campo di mele.
Il cibo, bevande, vesti in eccesso venivano date
ai faccendieri, ai filosofi, ai banchieri,
che trovavano modo di guadagnarci e vivere.
Ma in questo clima già le invisibili dita
della ribellione iniziavano a muoversi
tra giovani e vecchi, tra soldati e contadini,
la corruzione diventava arma contro la corruzione.
S'aspettava il giorno del monsone,
simbolo di cambiamento, rinnovamento
dato dalla forza violenta della natura.
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