Dai campi di piselli manipolati
sento salire vocine verdi fluorescenti
chiamano a sé villici web-dipendenti:
“Or su! Coglieteci! Siamo mutati!”

Sui prati ripuliti da improduttive pinete
pascolano hamburger imbozzolati
in sagome di manzi obsolete
vecchi modelli non ancora innovati.

Pomodori rosso immortale,
a ritmo di salsa danno il commiato,
nel clima equatoriale,
al marciume per sempre scongiurato

Si rincorrono bimbi spensierati
in parchi cittadini inaciditi
fitti di raggi ultravioletti incattiviti
alti salgono i loro gridi
quasi a varcar veli d’ozono sbrindellati.

“Mi basterebbe il tuo ologramma”
ciatta il bimbo alla sua mamma
persa con il papà mattina e sera
dentro l’assillo di un Ikea.

Mondo nuovo frutto d’ingegno
tutto ruota come un congegno.
Tutti con tutto, benché il più non serva
e ciò che avanza non si conserva

Grande sviluppo, ci fa contenti
fumi che salgono appestanti
centrali atomiche incontinenti
grandi discariche traboccanti
ponti su fiumi putrescenti
caldi gli inverni, estati asfissianti
frane, alluvioni, sempre più incendi

Tutti assistiamo ormai ipertesi
afflitti solo dai sovrappesi
sempre più soli in braccio ai consumi
per consumare pian piano noi stessi
in questa vita, forse da… fessi.