Come se il dolore
fosse già finito
una striscia di luce
penetra verso terra
svapora nei colori
e tace dentro
di queste meraviglie nuove
nelle parole anch’esse mute
fatte silenzio
Esili braccia
appena pronunciate in una fascia
dal cardine saldo
pongono a sostegno le sue sfere
d’abitacoli antichi
nel seno d’Atlante
e rarefatto provo stupore
di queste forme avvinte
nascoste all’evidenza del pudore
E allora quel silenzio
è pietra dolce
scivolosa
giù verso il fondale
brumosa appena
di quel tedio marrone
Come se il dolore
avesse avuto un senso
lo sguardo appena scorge
e si reclina quasi
sulla testa il volto
nel riposo di un oltre
che già vive
di questo smarrimento
in uno spazio anch’esso vuoto
fatto burrone
ai piedi di un abisso
E tu
amore mio
di scivolo mi perdi il nesso
in quei colori
e offende il corpo
Le tue membra si sciolgono
mani che non ci sono
furiosa vulva
seno incollato al marmo
vento d’oltralpe
che mi collassa gli occhi
Come se questo dolore
non esistesse
il mio sguardo ti scorge
e pensa e piange
e malamente grida
mentre la giostra gira
allontanando appena
quel tanto basta al buio
volendo scorgere il dramma
di questa mia negletta follia
C/mare, gennaio 2006
A Rosaria Falanga