PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 02/08/2002
Il vento sono locuste in giugno

nelle ore del vespro
crepita
fumo di ruderi

puzza, cenere e diossina,
sono castelli e cibo
per occhi troppo piccoli.

Se hai paura
di loro
puoi trovare rifugio,
un tombino aperto.

Le maledizioni non sono fatte
di gatti e galli morti
ma i tuoi occhi, la tua lingua
vivere ogni giorno qui.
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bellissima...
...mi sfugge il senso, ma coglie un qualcosa di veramente importante...
bella, efficace...

il 02/08/2002 alle 23:49

Salve o meglio haloha sono immerso nella musica di Paco De Lucia, flamenco in stile “moderno”, io lo trovo molto bello, queste arie da mille e una notte, con guglie arabeschi e passionalità caliente, fiesta.

Finita è la notte e la luna
Si scioglie lenta nel sereno,
tramonta nei canali.

È così vivo settembre in questa terra
Di pianura, i prati sono verdi
Come nelle valli del sud a primavera.
Ho lasciato i compagni,
ho nascosto il cuore dentro vecchie mura,
per restare solo a ricordarti.

Come sei più lontana della luna,
ora che sale il giorno
e sulle pietre batte il piede dei cavalli!

(di Salvatore Quasimodo)

Continuo a rispondere a critiche che mi sono state sollevate. Le mie poesie sembrano titoli di giornale, e bene ne sono lusingato, vuol dire che in un certo senso la mia ricerca ha avuto successo. Si perché voglio e cerco parole che siano flesch, che colpiscano, come i titoli di giornale e nello stesso modo siano evocative di immagini e sentimenti, impressionino e facciano suscitare interesse e domande.
Io non ho risposte e come si nota ho molta confusione, la sola cosa che posso offrire per ora sono pizzichi e bocconi di domande, forse sgangherate. Abbozzi di sentimenti ma niente più, sia perché sono un limone acerbo sia perché credo che non ne abbia i mezzi, ma soprattutto perché c’è tra di noi un muro di intrinseca incomunicabilità, non da intendere come qualcosa di negativo, ma di esistente, il pensiero mi va subito a Pirandello a De Filippo al teatro dell’Assurdo. Qualche volta in alcune mie poesie si parla di giganti e ogni riferimento o rimembranza dei Giganti della montagna di Pirandello non è puramente casuale, meglio sarebbe cercata o evocata come flebile ricordo. Come ho già detto ricerco parole che miste in insalata russa siano pizzicotti e bocconi, ma soprattutto pizzicotti, di quanti di realtà che ci circonda; tutto in una miscela caotica e sintetica, come un quadro cubista che abbia una tendenza al surrealismo. Vorrei una poesia che come un quadro futurista donasse sfaccettature di una natura umana fatta da frammenti di De Chirico, Munch, Ricasso, Modiglioni, Leonardo, Monet, Michelangelo,. Tanti spigoli di uno sguardo caotico ma ampio.

Isole che ho abitato
Verdi su mari immobili.

D’alghe arse, di fossili marini
Le spiagge ove corrono in amore
Cavalli di luna e di vulcani.

Nel tempo delle frane,
le foglie, le gru assalgono l’aria:

in lume d’alluvione splendono
cieli densi aperti agli stellati;
le colombe volano
dalle spalle nude dei fanciulli.

Qui finita è la terra:
con fatica e con sangue
mi faccio una prigione.

Per te dovrò gettarmi
Ai piedi dei potenti,
addolcire il mio cuore predone.

Ma cacciato dagli uomini,
nel fulmine di luce ancora giaccio
fanciullo a mani aperte,
a rive d’alberi e fiumi:

ivi la latomia l’arancio greco
feconda per gl’imenei dei numi.

(di Salvatore Quasimodo)

Vi avrò fatti quadrati con queste barbosità e con Quasimodo che si studia a scuola, vero che stress. Lo scopo di queste confusionaggini, quello di cercare di parlare, poi di farmi scoprire, cerco di spiegrami, di vincere la mia timidezza e di comunicare i miei sentimenti, porre domande.

Il vento sono locuste in giugno
(dedicata ai bambini di Breglumasi, Tirana)

Il vento sono locuste in giugno

Nelle ore del vespro
crepita
fumo di ruderi

Puzza, cerne e diossina,
sono castelli e cibo
per occhi troppo piccoli.

Se hai paura
di loro
puoi trovare rifugio
un tombino aperto.



Le maledizioni non sono fatte
di gatti e galli morti
ma i tuoi occhi, la tua lingua
vivere ogni giorno qui.

Questa è una delle poesie a cui più tengo, racconta la mia esperienza di volontario in Albania durante la guerra in Kossovo. Non vi stresserò con indicazioni maggiori, ma rispondo alla domanda sul senso. Chi avrà la fortuna di vedere l’Albania di giugno scoprirà che spesso ci sono invasioni di cavallette, locuste di dimensioni non viste in Italia, da piaga biblica e il vento acquista la forma di un’onda scura fatta di questa massa in movimento, non capisci più bene se è il vento o se loro sono il vento stesso, cioè non so se avete presente una possibile descrizione fisica del vento, si può pensare come un fluido, un gas in movimento, ma pensate immaginate il vento proprio come un fluido ora al posto delle invisibile particelle in moto pensate locuste, questa è l’immagine. Poi mettevi nel centro di un campo diroccato, dove l’aria è polvere rarefatta dove il sole picchia duro per tutto il giorno, pensate al tramonto, l’ora che credete della pace, l’ora che dopo una giornata stancante vi giunge dolce e cara, e state per cenare, ma prima vi fermate, un sospiro, che vorrebbe essere di sollievo, ma no, niente ecco vi l’odore forte penetrante della diossina, un pugno allo stomaco per il disgusto, e una immagine vi viene subito alla mente, quella dei bambini che giocano su immense strutture fatte da residui di tutto, nettezza plastica, cibo, monti e castelli di discariche distribuite lungo le strade o contro un rudere una forma scheletrica di quello che forse era una casa. Allora tutto si mescola in mente i bambini seminudi e scalzi che giocano tra questi castelli di rifiuti, le fiamme, l’odore, che si mescola e quello che avete in testa è un orrendo rogo dove bruciano innocenti e disfacimento, si ha così puzza, carne e diossina, e vedrete poi i bambini che stanno intorno a questi roghi che vedono i loro giochi, divertimenti e a volte il loro sostentamento bruciare, allora sentirete nelle narici la disperazione di questi occhi piccoli ma immensi , la frustrazione, o se anche questo in questi occhi piccoli non c’è lo sentirete voi, o meglio io lo sentito. Allora se per un momento a vedere questi occhietti neri duri di piombo, allora si può avere paura, terrore, non magari dei bambini, ma di qualcosa di sovrumano. Ora c’è un particolare che mi ha colpito, a Tirana praticamente ogni tombino è aperto, stanno così all’aria le fognature, e in alcune che non siano completamente ostruita da rifiuti o annegati nelle proprie acque ti ci potresti rifugiare quando senti qualche raffica notturna o qualche esplosione, o quando la paura ti prende e vorresti fare lo struzzo, si ci si può degradare a fuggire nei tombini. Ti può anche succedere che qualche piccolo ti dica come vuole maledirti, si trasformi in un piccolo negromante da favola medioevale e ti minacci con gatti morti sgozzati e galli con piume spelacchiate e piedi legati, lasciati ai tuoi piedi in una pozza di fango. Ti viene da ridere e da piangere guardando quegl’occhi, e pensi chiaramente che lui è stato maledetto dal caso, dalla sorte, i suoi occhi, la sua carne, la sua lingua, il fatto che viva qui tutti i giorni. La maledizione è vedere tutto questo, la maledizione è rassegnarsi a questo, la maledizione è la sua lingua, che rappresenta il suo pensiero. Questo in soldini il senso della poesia, un distillato sintetico di esperienza fisica e mentale, per me, ma poi questa poesia non dice tutto, appunto, il significato preciso è volutamente risucchiato, che ognuno legga e dalle sensazioni dalle immagini dalla propria anima tragga il proprio messaggio, la poesia è anche una domanda, ognuno ricordi o trovi la propria Tirana dentro di se. Io non offro un senso, cerco solo di estrarre dalle cose oggettive, dai miei sensi e dalla mia emotività immagini sintetiche che facciano riflettere, appunto titoli di giornale, che come si sa non sono mai la verità ma una sensazione. Ognuno cerchi le risposte con i propri mezzi.

il 04/08/2002 alle 14:04

Salve o meglio haloha sono immerso nella musica di Paco De Lucia, flamenco in stile moderno, io lo trovo molto bello, queste arie da mille e una notte, con guglie arabeschi e passionalità caliente, fiesta.

Finita è la notte e la luna
Si scioglie lenta nel sereno,
tramonta nei canali.

È così vivo settembre in questa terra
Di pianura, i prati sono verdi
Come nelle valli del sud a primavera.
Ho lasciato i compagni,
ho nascosto il cuore dentro vecchie mura,
per restare solo a ricordarti.

Come sei più lontana della luna,
ora che sale il giorno
e sulle pietre batte il piede dei cavalli!

(di Salvatore Quasimodo)

Continuo a rispondere a critiche che mi sono state sollevate. Le mie poesie sembrano titoli di giornale, e bene ne sono lusingato, vuol dire che in un certo senso la mia ricerca ha avuto successo. Si perché voglio e cerco parole che siano flesch, che colpiscano, come i titoli di giornale e nello stesso modo siano evocative di immagini e sentimenti, impressionino e facciano suscitare interesse e domande.
Io non ho risposte e come si nota ho molta confusione, la sola cosa che posso offrire per ora sono pizzichi e bocconi di domande, forse sgangherate. Abbozzi di sentimenti ma niente più, sia perché sono un limone acerbo sia perché credo che non ne abbia i mezzi, ma soprattutto perché c'è tra di noi un muro di intrinseca incomunicabilità, non da intendere come qualcosa di negativo, ma di esistente, il pensiero mi va subito a Pirandello a De Filippo al teatro dell'Assurdo. Qualche volta in alcune mie poesie si parla di giganti e ogni riferimento o rimembranza dei Giganti della montagna di Pirandello non è puramente casuale, meglio sarebbe cercata o evocata come flebile ricordo. Come ho già detto ricerco parole che miste in insalata russa siano pizzicotti e bocconi, ma soprattutto pizzicotti, di quanti di realtà che ci circonda; tutto in una miscela caotica e sintetica, come un quadro cubista che abbia una tendenza al surrealismo. Vorrei una poesia che come un quadro futurista donasse sfaccettature di una natura umana fatta da frammenti di De Chirico, Munch, Ricasso, Modiglioni, Leonardo, Monet, Michelangelo,. Tanti spigoli di uno sguardo caotico ma ampio.

Isole che ho abitato
Verdi su mari immobili.

D'alghe arse, di fossili marini
Le spiagge ove corrono in amore
Cavalli di luna e di vulcani.

Nel tempo delle frane,
le foglie, le gru assalgono l'aria:

in lume d'alluvione splendono
cieli densi aperti agli stellati;
le colombe volano
dalle spalle nude dei fanciulli.

Qui finita è la terra:
con fatica e con sangue
mi faccio una prigione.

Per te dovrò gettarmi
Ai piedi dei potenti,
addolcire il mio cuore predone.

Ma cacciato dagli uomini,
nel fulmine di luce ancora giaccio
fanciullo a mani aperte,
a rive d'alberi e fiumi:

ivi la latomia l'arancio greco
feconda per gl'imenei dei numi.

(di Salvatore Quasimodo)

Vi avrò fatti quadrati con queste barbosità e con Quasimodo che si studia a scuola, vero che stress. Lo scopo di queste confusionaggini, quello di cercare di parlare, poi di farmi scoprire, cerco di spiegrami, di vincere la mia timidezza e di comunicare i miei sentimenti, porre domande.

Il vento sono locuste in giugno
(dedicata ai bambini di Breglumasi, Tirana)

Il vento sono locuste in giugno

Nelle ore del vespro
crepita
fumo di ruderi

Puzza, cerne e diossina,
sono castelli e cibo
per occhi troppo piccoli.

Se hai paura
di loro
puoi trovare rifugio
un tombino aperto.



Le maledizioni non sono fatte
di gatti e galli morti
ma i tuoi occhi, la tua lingua
vivere ogni giorno qui.

Questa è una delle poesie a cui più tengo, racconta la mia esperienza di volontario in Albania durante la guerra in Kossovo. Non vi stresserò con indicazioni maggiori, ma rispondo alla domanda sul senso. Chi avrà la fortuna di vedere l'Albania di giugno scoprirà che spesso ci sono invasioni di cavallette, locuste di dimensioni non viste in Italia, da piaga biblica e il vento acquista la forma di un'onda scura fatta di questa massa in movimento, non capisci più bene se è il vento o se loro sono il vento stesso, cioè non so se avete presente una possibile descrizione fisica del vento, si può pensare come un fluido, un gas in movimento, ma pensate immaginate il vento proprio come un fluido ora al posto delle invisibile particelle in moto pensate locuste, questa è l'immagine. Poi mettevi nel centro di un campo diroccato, dove l'aria è polvere rarefatta dove il sole picchia duro per tutto il giorno, pensate al tramonto, l'ora che credete della pace, l'ora che dopo una giornata stancante vi giunge dolce e cara, e state per cenare, ma prima vi fermate, un sospiro, che vorrebbe essere di sollievo, ma no, niente ecco vi l'odore forte penetrante della diossina, un pugno allo stomaco per il disgusto, e una immagine vi viene subito alla mente, quella dei bambini che giocano su immense strutture fatte da residui di tutto, nettezza, plastica, cibo, monti e castelli di discariche distribuite lungo le strade o contro un rudere una forma scheletrica di quello che forse era una casa. Allora tutto si mescola in mente i bambini seminudi e scalzi che giocano tra questi castelli di rifiuti, le fiamme, l'odore, che si mescola e quello che avete in testa è un orrendo rogo dove bruciano innocenti e disfacimento, si ha così puzza, carne e diossina, e vedrete poi i bambini che stanno intorno a questi roghi che vedono i loro giochi, divertimenti e a volte il loro sostentamento bruciare, allora sentirete nelle narici la disperazione di questi occhi piccoli ma immensi , la frustrazione, o se anche questo in questi occhi piccoli non c'è lo sentirete voi, o meglio io lo sentito. Allora se per un momento rimani a vedere e sentire questi occhietti neri duri di piombo, allora si può avere paura, terrore, non magari dei bambini, ma di qualcosa di sovrumano. Ora c'è un particolare che mi ha colpito, a Tirana praticamente ogni tombino è aperto, stanno così all'aria le fognature, e in alcuni, che non siano completamente ostruiti da rifiuti o annegati nelle proprie acque ti ci potresti rifugiare quando senti qualche raffica notturna o qualche esplosione, o quando la paura ti prende e vorresti fare lo struzzo, si, ci si può degradare a fuggire nei tombini. Ti può anche succedere che qualche piccolo ti dica come vuole maledirti, si trasformi in un piccolo negromante da favola medioevale e ti minacci con gatti morti sgozzati e galli con piume spelacchiate e piedi legati, lasciati ai tuoi piedi in una pozza di fango. Ti viene da ridere e da piangere guardando quegl'occhi, e pensi chiaramente che lui è stato maledetto dal caso, dalla sorte, i suoi occhi, la sua carne, la sua lingua, il fatto che viva qui tutti i giorni. La maledizione è vedere tutto questo, la maledizione è rassegnarsi a questo, la maledizione è la sua lingua, che rappresenta il suo pensiero. Questo in soldini il senso della poesia, un distillato sintetico di esperienza fisica e mentale, per me; ma poi questa poesia non dice tutto, appunto, il significato preciso è volutamente risucchiato, che ognuno legga e dalle sensazioni, dalle immagini, dalla propria anima tragga il proprio messaggio, la poesia è anche una domanda, ognuno ricordi o trovi la propria Tirana dentro di se. Io non offro un senso, cerco solo di estrarre dalle cose oggettive, dai miei sensi e dalla mia emotività immagini, sintetiche, che facciano riflettere; appunto, titoli di giornale, che come si sa non sono mai la verità ma una sensazione. Ognuno cerchi le risposte con i propri mezzi.
Baci Caccioppoli29

il 04/08/2002 alle 14:22