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Pubblicata il 01/08/2002
E il suo candor m'assale,
d'intrise verità suadenti.
E il divin forgiar,
dall'alchimia del soffio,
materie e spazi evanescenti,
m'è cagion d'essere.
Di lagrime il grano macinato,
di edere e sangue la sua veste bianca.
Reminescenze di odii e d'ingiustizia,
travolgon templi di profeti di cristallo.
Beltà che vide l'oro trasmutar sè stesso,
magnificenze, doni,
divampate in roghi.
'Uccisero la mia innocenza!'
gridando voci si levaron.
'Ferirono il mio candore!'.
Istruirono verità ai piaceri.
Legaron menzogne alle pareti.
Finchè il buio divorò la luce.
Non di sconforto furon gli anni a venire.
Non di condanna o di disprezzo.
Pastori senza gregge,
candele senza fiamme.
L'amor del mondo profanato
dai vessilli del tormento.
Di lagrime e sangue si copriron vergogne.
Altari nelle polveri,
gocce di rugiada
raccolte in quarzi e gemme.
Così periron civiltà eterne,
seppellendo sogni,
trucidando gesta di anime in cammino.
Dai fiori delle tenebre,
nacquero germogli acerbi.
Dalle piante della vita
furono invece contagiati.
L'amor del mondo,
sceso da una croce secolare,
unì la luce al buio,
le realtà ai sogni,
le lagrime ai sorrisi.
E tutto ciò che resta,
è l'amor del mondo
sopìto in un'angolo dei nostri cuori.

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