Vorrei che l’urlo del vento
fosse musica
per metterci sopra le tue parole
e farne la canzone del secolo,
una di quelle che le senti
uscire dalle radio nei bar,
dalle auto che passano
e sulle labbra di chi la fischietta
mentre va a scuola,
lava, stira o sta lavorando.
Vorrei che una strada
avesse il tuo nome
per chiamare un Taxi
e farmici portare
a guardarti nelle vetrine
indossare abiti firmati
e stupirmi leggendo il prezzo
sotto il tacco delle scarpe.
Vorrei che i raggi della luna
fossero fili di lana bianca
d’una coperta che ti riscalda
nei giorni di Tramontana,
quella che forse hai perso
trovando un matto come me
che ruba le fragole
alla Conad per regalartele,
mi piace come le mordi.
Vorrei…
ma già il tuo sguardo
fotografandomi
non mi fa mai sentire solo
e per questo ti dico grazie.