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Pubblicata il 30/01/2008
Svanito,

in una sera d’autunno

precoce,

quando ogni ombra

ha parvenza effimera

e la sola voce che odi

è quella del vento.



Ti connotai con occhi di gitano

e il sorriso d’avorio bianchissimo.



Rubai alle foreste

il nome che ti diedi;

con quello ti chiamavo

nell’ora che la luna

si vela di nubi,

dispiacendosi del suo incarnato

pallido.



Domani, quando gestirai

la spina della rosa,

i calendari grideranno

le verità più scomode.



Le primavere saranno avare

di trifoglio,

l’estate brucerà ogni corolla

sui tratturi,

l’autunno non darà più foglie d’oro,

e d’inverno,

quel sole che sapevi gagliardo,

sarà un vecchio re

destituito dal suo trono.



Conservo ancora una conchiglia rosa,

rosa come il bacio di un bimbo,

rosa come la sabbia delle clessidre

quando sogna l’abbraccio del Ghibli,



una conchiglia

dal grembo di madreperla

senza frutto né gioiello,

dimenticata dal mare.



La tua voce,

la tenni tra le mani

come un petalo di neve

che presto si dissolse



mentre ti vagheggiavo

con voce, nome e anima

immarcescibile

e un corpo frondoso

che spargesse frescura.



Ma le acque dei tuoi occhi

sono state prosciugate dal risveglio,

la tua voce ormai indistinguibile,

è sommersa dai clacson

delle città industrializzate.



Perché tu eri solo un sogno

un' ombra,

un uomo che non c’è.
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Sol

che bella sta poesiola,dolce dolce..zao zao

il 31/01/2008 alle 00:52

Tristissimamente dolce e malinconica
Grazie Anna

un bacio
liz

il 31/01/2008 alle 09:01