Tempo fa
Qualcuno
Assumendosi colpe non sue
Si caricò una croce sulle spalle
Simbolo di equilibrio eterno e apertura d’operazioni magiche,
Per salvare il mondo.
Così, pare, sia stato.
Bene.
Io mi porto sulle spalle
Da tempo
Semplicemente una grande sacca
Piena, zeppa d’istanti della mia sola amara vita.
Cado.
Mi rialzo.
Cado.
Ogni tanto
Qualche cialtrone di pretoriano
M’uncina la spalla
Con staffile di sogni
E mi sputa in faccia ricordi meravigliosi.
E il tempo si annulla
Cieco, sbando senza cogliere neanche raggi di Sole caldo.
La sofferenza cresce.
Rifrazioni d’antica luce.
Ma mentre Lui aveva il Golgota a pochi metri
Io non lo so dove devo piantarmi
E insieme a chi;
Posto che sono stato ladrone di vite altrui.
Percorro tante, troppe strade
Senza neanche uno straccio di Veronica
(Telematica?)
Che fotografi digitalmente la mia atroce angoscia.
In solitaria scalata
Dove mi disseto con le mie stesse lacrime.
Mi trascino
Contorto
Per le vie d’una Jerusalem fangosamente terrena
Sperando finiscano angosce, pianto e naturali umiliazioni.
Non m’aspetto un salvifico Teschio a forma di collina.
Mi basta una montagnola di rifiuti urbani
Dove poter solo riposare
Guardando le stelle.
A faccia in su.
Nudo d’umanità
Ricco di luce e d’amore vero.
Almeno questo narrano le fiabe…