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Pubblicata il 14/01/2008
T'avvicini
e mi parli d'Eternità sul mio libro
dalle pagine strappate in questo tramonto
così scontroso.

Qui si sente il mormorio, l'intuizione,
la contemplazione del Tempo che evoca anime
ormai passate al di là della deformazione
della notte, il rantolo della città che si spegne
gradatamente tra falene attorno ai lampioni
e uomini scarafaggi avvolti in puzzolenti cartoni
e palazzi e palazzi eretti come termitai dove
esseri umani duri di cuore corrono corrono
chi per riempire casseforti, chi per restare
a stomaco vuoto.

Mi parli del nostro spazio rubato tra il finito
limitato e l'infinito tutto teorico,
del nostro incomprensibile e assurdo gioco
del vivere, l'esistere che si può soltanto
riscattare con l'iperbole dell'Amore, di quel
maledetto Dolore che passa come rabbia
d'uragano e ti lascia sconquassato, e giorni,
mesi, anni come battere di ciglia con noi
minuzzoli che cerchiamo di cancellare, scaricare
i pesi esistenziali che ci opprimono, con quella
croce da portare che nessuno vuole, di cancellare
l'insistenza della Morte che per esorcizzarla
chiamiamo "Sorella", che al di là, oltre
la materia lo Spirito finalmente libero dalle
nostre fragilità prenderà ali d'angelo.

Poi il ritorno della nuda memoria, un tagliente
ricordo d'una ingiustizia subita cancella quella
manciata di bene e ci si ritrova immersi nella parte
oscura che precipita da questo a quell'altro inferno.

Mi parli d'Eternità
ma non vedi che per salire lassù bisogna
spogliarci di tutto, tornare bambini, non basta
la speranza, vale la FEDE, a volte la Morte
può essere liberazione, forse non è così brutta
come la si dipinge, è soltanto "Sorella" degli
eroi e dei santi, per tutti gli altri solo condanna.
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