PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 25/10/2007
Mi sveglio conserto,
preda di un intricato madore
e Palermo è già lì.

Passeggia, crepitante
in questa attesa sempre uguale a se stessa.
Veste di raso blu, capelli ormeggiati
all’indietro, di una fulva tonalità affievolita.
Contrae il viso rubizzo,
sede d’ogni avventura emotiva.
Tra le dita una sigaretta immalinconita,
vuoti lasciati da anelli affrancati.

“Ben svegliata. Come ti senti oggi?”

“Sono stata tutta la notte in piedi.
Non riuscivo a prendere sonno.
Ho conversato con il cielo, e il cielo con me.”

Pone un geranio dietro il capo
di lavanda asperse le tempie,
s’affaccia al terrazzino con fascino incerto
votata a un impassibile languore:

“ Perché sono chiusa qui dentro?
Cosa volete da me?
Il mio regno è li fuori.
Nel mare allietante, tra i profumi costieri,
presso i palazzi fregiati, gli invitanti giardini.
La mia voce è il rintocco di un campanile,
del venditore al mercato.
La mia pelle la imbruna il sole più schietto
turgidi venti la guarniscono.
I miei occhi li schiariscono le fiamme della processione,
scalza mi muovo
fra i guizzi giocosi dei bambini ai marciapiedi,
nella parlata generosa degli anziani gioviali."

“Ha già preso i suoi farmaci, signora?"
“ Per l’ultima volta, smettila, io non sono malata!"


“ Mi guardi: ha idea di cosa conservi questa stanza?”

“Qui ci sono i miei averi, l’eredità di tutta una vita.
Ecco, questo è il mio scettro .”
“E’ un mitra, signora."

“No, ma che dici.
Guarda questi ingrandimenti dei miei fedeli servitori.”
“ Sono le foto della gente morta ammazzata.”

"E queste preziose ciocche, valgono tanto sai?
“Ha ragione valgono tanto, il prezzo dell’onestà.”

“ Oh, oh, ammira le piume donate dai commercianti
e da semplici passanti.
Possono ricadere ovunque, ma non fanno mai rumore.”

“Già, non facciamo mai rumore.”

Penetra adesso il primo lucore,
e lei posa la mano sulla gota irrigidita
a cancellare il trascorso di una lacrima.

“Lu suli è già spuntatu
N’ta lu mari
E voi bidduzza mia durmiti ancora.
L’aceddi sunnu stanchi di cantari….”

Debolmente un popolano alla finestra intona,
risvegliando
un sospiro che s’addentra su di lei
su di me, su tutti quelli che dormono ancora,
come dal limbo di una
deragliata memoria.






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osservi con l'occhio di un falco ,accentrando i particolari ,,senza togliere niente,della tua potente e bella città ,.quando uno ama veramente qualcuno(L'hAI RAFFIGURATA COME UN ESSERE VIVENTE)la vede nuda e l'ama ancor di più,tu scrivi scrivi ,scrivi sempre ,bravo,un abbraccione cate

il 25/10/2007 alle 18:11

è splendida,Fra, appassionata ed onirica
una delle tue migliori
grazie della lettura
un abbraccio

il 26/10/2007 alle 07:36

"Passu ca fora tutti li nuttati
e aspettu sulu quannu v’affacciati".
Hai accennato ad un canto struggente che rafffigura Palermo adagiata nell'onda della sua profonda malinconia, e lo hai arricchito con la particolare capacità poetica del tuo sentire.
Attingendo alla memoria storica e alla realtà che vivi nella quotidianità, ne hai reso uno spaccato di grande effetto.
Sento vibrare forte in te una voglia immensa di riscatto.
Altro che cinque stelline, avresti bisogno dell'intera volta stellata.
Con affetto, mati.

il 26/10/2007 alle 22:41

grazie per esserci sempre...scriverò perchè credo che in fondo è l'unica cosa che realmente mi appaghi...bacio cate, fra

il 27/10/2007 alle 12:47

grazie a te che l'hai letta, avvicinandoti allo spirito caparbio e riflessivo da cui l'ho generata...bacio, fra

il 27/10/2007 alle 12:49

è una voglia di cominciare a smascherarmi, stanco forse di patire un silenzio che riconosco essere più pregiato delle tante parole che la gente mette in fila con supeficialità...grazie sempre dolce mati..ti abbraccio fra

il 27/10/2007 alle 12:53