PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 22/10/2007
Pacchetti preconfezionati.
Solito imballo.
Li apro.

Solite frasi
ne escono.

Amare come limoni
acerbe come cedri.

Le metto da parte.
Tanto non son quelle
che possono aiutarmi.

Non son le parole
dette da un amico
chiusi in una macchina
ascoltando la radio.

Non son le parole
che lente escono
battute con un tic
e con un toc
su una tastiera

vecchia.
inutile.
consumata.

Non è certo questo
che mi riuscirà a rincuorare.

È l'urlo.
Un urlo di silenzio.
Che trattengo nella mente.

Sperando solo
ch'essa non esploda.
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Forse, avvolte la nostra mente, ha
più bisogno di noi stessi che del mondo esterno.
I controequilibri "esterni" hanno una scadenza.
Nessuno lo ha mai smentito, neppur la scienza.
Si appagano i sensi sì, però più si appagano e più
diventa intenso lo scontro con se stessi, e più
complicata la ricerca di quell'equilibrio che da secoli
e secoli se ne scrive e mai nessuno ne è
venuto a capo.
Per concludere, credo che l'unica soluzione di tutti
i dissapori vitali stia nel fatto di non conoscere il proprio "Sé" e la ricerca esterna è uno specchietto
per le allodole. Il coinvolgimento generalizzato.
N.B.
non sono un prete...anzi! magari Giordano Bruno.
Zio

il 22/10/2007 alle 22:25