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Pubblicata il 02/08/2007
Ho la corda del malessere
stretta sul petto,
stringe ed è tesa,
è lancinante.
Sforzo, i denti, stretti.
Cammino, ma non arrivo.
Rimango in silenzio,
convivo con la malvagità.

Uno sguardo al cielo,
le nuvole osservano dall’alto,
sovrastano il male,
anch’esse, imponenti su me,
mi privano d’ogni bagliore.

La mira fissa e bassa, i capelli sul volto,
rammento tutto ciò che mi è stato tolto,
I miei occhi due piccole sfere perfette.
Il cielo oscuro urla come me,
sbattendo sull’aria agghiaccianti saette,
complice della mia ira, avverso come me a ciò che è avverso a me.

Con gli occhi pesanti e il pulsar delle tempie,
calano le palpebre,
svanisce ogni espressione dal mio volto;
colmo ormai di ogni pensiero,
e di stanchezza
il mio corpo giace nell’aria.
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Inizia quasi come un incubo, interessante il contenuto, forma da migliorare.

"Ho la corda del malessere
STRETTA sul petto,
STRINGE ed è tesa,
è lancinante.
Sforzo, i denti, STRETTI"

Capisco che si tratta di un incubo, ma usare tre volte il verbo stringere nella stessa strofa, mi sembra eccessivo.



"Uno sguardo al cielo,
le nuvole osservano dall’alto,
sovrastano il male,
anch’esse, imponenti su me,
mi privano d’ogni bagliore".

Buono il contrasto con la leggerezza delle nuvole che vagano in libertà, però oscurano la vista anch'esse...



"La mira fissa e bassa, i capelli sul volto,
rammento tutto ciò che mi è stato tolto,
I miei occhi due piccole sfere perfette.
Il cielo oscuro urla come me,
sbattendo sull’aria agghiaccianti saette"

Molto efficace questa parte.




Questo invece sarebbe da modificare, da rendere più fluido:

"complice della mia ira, avverso come me a ciò che è avverso a me".


Nell'ultima parte mi piace, soprattutto i due versi di chiusura:

"Con gli occhi pesanti e il pulsar delle tempie,
calano le palpebre,
svanisce ogni espressione dal mio volto;
colmo ormai di ogni pensiero,
e di stanchezza
il mio corpo giace nell’aria".


Ciao, Rosanna

il 04/08/2007 alle 18:45