PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 23/06/2007
Cuore mio che male
soffrir di tal lettura
leggere sul giornale
solo di spazzatura

poco m’è bastato
a farmi innamorare
d’un luogo profumato
di generosa terra e mare

dove i suoi giardini
verdi e rigogliosi
carichi di limoni
e d’uomini coraggiosi

vincendo la natura
e la lavica aggressione
con vitale forzatura
di sudata vegetazione

sinuosi puntano piano
in sù per la collina
verso quel vulcano
che ne minaccia la rovina.

Ma è giù alla marina
che ammutolito ammiro
l’umana turbina
d’un ancestrale giro

non è ancora giorno
che spiaggia e mare
sono tutt’intorno
un grande brulicare.

Il battello avvezzo
all’onde e la tempesta
possente mezzo
di pesca funesta

cala l’enorme rete
con tattica scrupolosa
non cela la gran sete
d’una raccolta fruttuosa

nel preciso punto
con la sua mole bruta
chiude il resoconto
d’ogni battuta.

Il natante informe
d’ogni tipo e tinta
neppur’esso dorme
e non vuole darla vinta

lungo o corto che sia
di mare, di fiume, di lago
con molta fantasia
mai della pesca è pago

porta seco l’esperto
e l’aspirante pescatore
spinto da braccio incerto
o da un piccolo motore

solca senza sosta
a pochi passi dalla riva
con decisione tosta
e a volte alla deriva

non di rado invero
la rotta sua l’inganna
e dà tanto pensiero
a chi pesca con la canna

costretto al ché a gridare
d’allontanar il natante
pena bombardare
di grosse pietre tante

di cui la meravigliosa
superba dolce spiaggia
ne è ricca a iosa
amaro a chi l’assaggia.

Lì è, che si consuma
il rituale vero
lì è, che mi sfuma
capirne il suo mistero

tale atavico legame
con l’elemento mare
che al pari della fame
continua ad attirare

come a costringere
tra le sue divine braccia
e nel frattempo tingere
corpo, gambe e faccia

così che sia noto a tutti
tale forte rapporto
che lega a quei flutti
chi non è ancora morto.

Chi con la corsetta
all’albeggiar del sole
il fisico rassetta
limando la sua mole.

Chi con gambe fra l’onde
e passeggiate infinite
duro colpo infonde
alla sua cellulite.

Chi imprime ogni dì
senza potervi rinunciare
su pellicola o cd
un’alba da incorniciare.

Chi cerca un masso
ove porre il suo peso
per guardare fisso
con sguardo teso

la linea retta
dell’orizzonte lontano
così che rifletta
sullo scibile umano.

Chi le canne piazza
con geometrica stima
pescatore di razza
con più d’una cima.

Chi s’improvvisa
e all’occasione
una canna precisa
insicuro dispone

e con quell’arme
convinto ingaggia
una lotta col verme
sull’umida spiaggia.

Chi munito di cuffia
e d’ogni attrezzatura
non di rado soffia
alla generosa natura

col cerca metalli
o altri pari arnesi
uno o più gioielli
sommersi lì da mesi.

Chi per questa caccia
non perde l’occasione
e l’occhio nudo scaccia
con specifica scansione

senza mezzo alcuno
ma volendosi basare
su quella che ognuno
chiama legge del mare

che regala generoso
così come razzia
dopo ogni maroso
quando fa pulizia.

Chi sfrutta quei momenti
freschi e mattutini
l’assenza dei bagnanti
e quella dei bambini

per prendere lezione
di pesca in apnea
e con un orrido fucilone
inizia un’odissea

e negli abissi si consuma
un’animata battaglia
dall’assenza d’aria per chi fuma
alla pinna che il tallone taglia

o alle maschere appannate
che riducono la visione
e le continue sputacchiate
per averne ragione

o alla tenuta mai perfetta
che l’acqua agli occhi porta
per via dei baffi e la barbetta
per quanto molto corta

o ai dolori lancinanti
stretti agli arti come lacci
per i crampi imperversanti
a tutti e due i polpacci

o al serio impegno
che merita attenzione
per dipanare il filo
legato all’arpione

dopo l’invano lancio
verso l’ittica creatura
agognato rancio
rimasto alla natura

vista la distanza
per la quale di sicuro
occorea una lenza
legata ad un siluro.

Intanto al primo albore
come ogni santo dì
una signora e un signore
giungono lì

gilet fluorescente
guanti in cuoio finto
non si risparmiano per niente
e danno inizio al dipinto

sì, perché al pari
dell’artista pittore
che con pinnelli vari
può disegnar per ore

passando lentamente
la setola su tela
per coprir gradatamente
di color che bianco cela

così, assai puntuali
con tanta buona volontà
gli operatori ambientali
vanno di qua e di là

e con le sole mani
vanno alla raccolta
di ciò che quei cristiani
lasciano o gente stolta

e come tal pittor di grido
liberar della spazzatura
fa di quel prezioso lido
un’opera della natura.

Chi per il solare raggio
tenue del mattino
limita ad un assaggio
di salsedine al bambino

e carico d’attenzioni
trascinato il passeggino
schiera gli ombrelloni
attorno al poverino

così che a malapena
l’aria seppur filtrata
sospinta dalla rena
può dirsi annusata.

Poi giunge l’anziano
signore o signora
col borsone in mano
spuntando alla buon’ora

il cappellino in testa
a copertur del crine
e seco una gran busta
zeppa di medicine

con lento passo trova
la stessa precisa posizione
che fu della sua ava
da più d’una generazione.

Con l’innalzamento
di sole e temperatura
comincia il movimento
per l’abbronzatura

ragazzi e ragazze
soli o accompagnati
schiacciati come razze
li trovi lì piazzati

attenti a non beccare
in ogni posizione
ciò che può adombrare
com’anche un ombrellone

tutto il tempo a rotolare
schiena, spalle e fianchi
così che ad abbronzare
nessuna parte manchi

e come l’antica meridiana
che ruota la proiezione
per la legge copernicana
dell’ombra dello gnomone

così tali personaggi
con scientifica attenzione
calcolano dei raggi
la perfetta inclinazione

per porre le membra
nella migliore disposizione
e dar tinta d’ambra
alla loro colorazione

e se i piedi verso il mare
davano al mattino
col costante roteare
ci si trova il capolino

senza poi contare
dei sistemi infiniti
per intensificare
della pelle i coloriti

dalla birra alla carota
dalla camomilla ai fichi
d’ogni formula oggi nota
o usata dagli antichi.

Mi par d’osservare
una giornata piovosa
e il dolce atterrare
d’ogni goccia preziosa

l’ineluttabile bagnarsi
d’una via, d’una piazza
il matematico collegarsi
d’ogni minuscola chiazza

così la profonda riva
lunga, lunghissima
pian piano si riempiva
di gente tantissima

m’immagino allora
incorporeo e vagante
aggirarmi a tal’ora
con fare intrigante

tra ragazze in bikini
molto impegnate
a fare provini
per essere attraccate

e i galli cedroni
che l’hanno notate
studiar le reazioni
alle galanti occhiate

tra i dolci bambini
che scavano fosse
segnano confini
e si danno percosse

o le femminucce
con bambole e secchielli
che costruiscono casucce
e si tirano i capelli

tra le giovani signore
senza lor consorti
che ammiccano da ore
diversi beccamorti

o tra giovani ragazzi
con i tamburelli
tra schizzi e schiamazzi
che fanno i monelli

e mi siedo accanto
al gruppo dei dottori
dov’altro non sento
che cure pei dolori

gruppo questo
assai ambito
da qualche vetusto
vecchio rimbambito

cui par di sognare
sfruttar l’occasione
d’aver senza pagare
la sua prestazione.

In tutto questo
animato carosello
armato d’un cesto
e d’un curioso cappello

curvo e lento avanza
tanto atteso e caro
venditore di sostanza
è l’anziano luppinaro

che di maestria fà arte
e i fogli suoi quadrati
come girandole di carte
presto ha già piegati

e come fosser doni
colmi dei suoi lupini
spartisce quei coni
a giovani e bambini

rivolgendosi a tutti
ha sempre una parola
e finisce già i suoi frutti
che il tempo presto vola

invero non è
l’unico viandante
un pò di tutto c’è
per ogni mercante

Mustafà col suo bagaglio
di cinematografia
che rifila senza sbaglio
il meglio che ci sia.

La piccola cinese
che cerca chi l’ingaggi
con la busta per le spese
con gli aromi pei massaggi.

O il suo connazionale
che chiama perchè sfoggi
più d’un cannocchiale
e migliaia d’orologi.

E la schiera di decine
di nordafricani
con le schiene chine
e molto cariche le mani

a distanza regolare
e ricchi d’immondezza
che servono a sanare
il senso di colpevolezza

che madri e padri
non sanno ignorare
manco fossero ladri
incapaci d’amare.

E poi le collane
d’argento o di latta
vestigia umane
d’un amore di carta

o inutili monili
d’egoismo esasperato
compenso, per esseri vili
unici, in tutto il creato

o segno d’apparenza
per l’utile profitto
d’usare come lenza
per un cuor trafitto.

All’insistente offerta
d’ogni venditore
risponde ormai l’esperta
tecnica da dissuasore

quelli più garbati
al rifiuto dell’acquisto
sono già avanzati
e fanno presto presto

non sprecano parole
e rivolgono attenzione
a chi la roba vuole
con più determinazione

si concentrano pertanto
ai bagnanti più piccini
magari spiaccicando
loro in faccia quei giochini

sicuri dell’effetto
d’irresistibile attrazione
che scatena già un concerto
di pianti a ripetizione

perché dopo le prime
rotture dell’estate
il portafoglio geme
e vanno risparmiate

altri assai irritati
dal rapido rifiuto
vanno via inalberati
con in mano l’invenduto

ma tra tutti i venditori
di razza, età e sesso
per voci e per colori
si distingue in tal consesso

una sagoma irreale
d’un vecchio mercante
che si ricorda tale
da tempo importante

se anche il più anziano
in tale baldoria
scendesse lontano
nella sua memoria

quando bambino
con il sedere all’aria
stava a mollo vicino
con la camera d’aria

ricorderebbe certo
com’oggi vediamo
stanco e contorto
come un vecchio ramo

strascinando gli arti
già dal primo mattino
con passi assai corti
e carico come un ciuchino

quel vecchissimo di colore
che ad ogni passo che fà
chiama tutte le signore
“signura! Vù cumprà?!”

Una breve pausa
l’or del pranzo comanda
con il calor che causa
la ricerca d’una panca

ma il meriggio dì
non certo frena
chi è disposto e sì
restare fino a cena

s’addobbano di fretta
gli spogli pali erosi
e manca sol l’erbetta
per esser decorosi

così che due campetti
e non già uno solo
diventano perfetti
campi di pallavolo

e bravi appassionati
agguerriti giocatori
si giocano gelati
come fossero tesori

a chi eccede nello sbaglio
invece che l’espulsione
lanciato come bagaglio
và in immersione.

Intanto quella figura
del canuto venditore
fa quasi paura
tant’esprime dolore

non si capisce infatti
qual’armo sospinge
quegli arti sfatti
che il sudore intinge

morto, un morto
tra l’aria della sera fina
dal passo corto
un morto che cammina.

E a quegl’infanti
che mostrando la nuca
non comprano in tanti
egli grida, “Tuka! Tuka!”

e i piccoli curiosi
col dubbio in testa
lo seguono appiccicosi
per avere una risposta

ambiscono all’occasione
di trovarlo confessato
per avere una traduzione
di quello ch’ha gridato

ma forse è meglio
di questi il silenzio
non per puntiglio
ma pel suo amaro assenzio.

Ma l’arrivo della sera
che il rientro induce
dona a quell’atmosfera
nuova viva luce

dove le pulsioni vere
amore, fame
colorano le sere
tinte di bronzo e rame

color dell’imbrunire
verso la notte fonda
quella spinta a riunire
presso l’umida sponda

lì dove il seme
dell’umanità viva
raccoglie e geme
lungo la riva

per consumare
con l’avida bocca
con foga addentare
e col bere da brocca

per consumare
tra avide persone
con foga sfamare
la vera passione

vivo è il richiamo
di madre natura
che dall’acque veniamo
come cosa sicura

lo si vede ogni dì
ogni notte dell’anno
che sia proprio così
è certo e non c’è inganno

ma il sigillo vero
pura documentazione
che svela il mistero
dell’umana creazione

è una giornata
dell’anno solare
una giornata assolata
che non la si può scordare

un dì fuori dal tempo
dalle regole e lo spazio
un dì che riporta al grembo
alla nascita, che strazio

allor che il corpo lascia
la sua culla acquosa
che taglia come un’ascia
ogni materna cosa

quando il sole tosto
brucia la carne lorda
il dì di ferragosto
che la nascita ricorda

allorchè tuffar nell’acque
in punto la mezzanotte
a ognuno assai piacque
affinchè siano rotte….

Luciano Torrisi
  • Attualmente 5/5 meriti.
5,0/5 meriti (1 voti)

amo le poesie brevi e questa proprio non sono riuscito a leggerla tutta...

il 23/06/2007 alle 23:35

lunga ma bellissima e molto descrittiva....complimenti di cuore

il 24/06/2007 alle 00:04

Grazie tante, però è vero è lunga assai e pensare che ho fatto di peggio.... e dire che la poesia è sopratutto condensazione, praticamente se la sviluppassi ne verrebbe fuori a tutti gli effetti un romanzo breve...eh!eh! Ciao. Luciano.

il 24/06/2007 alle 17:05

Hai ragione e ti chiedo scusa, però adesso che sai che è lunga se ti dovessi trovare predisposto (e disponessi del tempo necessario) leggitela, ti farai quattro risate. Pensa che ho fatto anche di peggio in termini di lunghezza, ma naturalmente non oserei pubblicarla (I cerchioni dell'inferno), anzi, diciamo che lo staff non me ne darebbe di certo la possibilità..eh!eh! Ciao e grazie lo stesso per averci provato. Luciano.

il 24/06/2007 alle 17:09

Così con le chiavi di Mascali posso rifugiarmi dalla persecuzione del sindaco di Valverde che dopo aver letto TRAMONTA IL SOLE solleverà la popolazione contro di me.....
p.s. IL SOLE sarebbe un'associazione culturale locale che ha organizzato nel passato le edizioni migliori della festa della birra quando erano anceh cultura e spettacolo, poi è cambiata amministrazione ed è tramantata l'associazione. A Valverde (ma a questo punto presumo lo saprai) fino agli anni 80 funzionava un grande stabilimento di birra tedesca, quindi v'era un legame con questa terra concerto...
Ciao. Luciano.
baciamo le mani

il 24/06/2007 alle 17:24