Sulla mia anima le cicatrici
sono rivi al disgelo.
Potevamo intonare inni alla Vita
come usignoli nella sera
tra il frusciare di betulle
nell'occulto del bosco
in competizione di consonanze
di rane in Amore,
aulenti respiri s'alzano dal caprifoglio
e dal glicine attorcigliato
e su su fino fino ad immergerci
in ampiezze ed intensità.
Era il nostro vivere
col suo scrigno debordante
pietre preziose,
la felicità si lasciava catturare
come mosca d'oro,
albe
tramonti,
s'imprigionava la luna
nell'acqua del pozzo,
il filo tenace della gioia ci legava
in aggrovigliate matasse
salivamo sempre più oltre
con l'incoscienza dello scricciolo
e la forza dell'aquila.
Spira il grecale da nord est
mi sputa sul viso e sugli occhi,
sembra che si lamenti
che componga requiem sui sogni
volati via come migranti cicogne,
il suo fragorio copre ormai la tua
evanescente voce,
resto a guardare il Cielo rondine ferita
un solitario planh s'alza come preghiera
a perdersi nell'infinito.