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Pubblicata il 20/04/2007
Mamma
dicevi che non avevi paura
della Morte,
che avevi finito di tribolare
ma poi quando l'hai sentita
arrivare mi hai chiamato,
stretto le mani con disperazione
ora sei sola in quella stanza muta
dove il Tempo che ti resta fa stillare
attimi di Vita tra penombre che sembrano
anticamera d'oblio,
e parole senza senso che restano sospese
sul tuo labbro tremante,
confondi i nomi,
ti ricordi di visi e sembianze di tanta gente
ormai svanita della polvere dell'Eternità
ma di quello che hai fatto ieri
è come giornata di caligine che tutto avvolge.

Ora sono io
io che vorrei darti un po' di Vita
che tu mi hai trasmesso,
ora tocca a me prenderti per mano
come quando m'insegnasti a camminare,
raccontarti del principe azzurro,
aspettare che questa notte scenda la Befana,
mettere la calza dove nel fondo ci sarà
soltanto qualche soldo ruggine che non
compera più nulla, e tante e tante perle
quante sono state le tue pene del vivere,
vorrei parlarti di quel Dio che tu dicevi
d'essere orbo quando se ne stava in silenzio,
di intonare qualche Ave - Adesso e nell'ora
della nostra Morte...
Assioma che stenta a librarsi,
esile fonema che si perde nell'aria,
ti guardo dentro ai tuoi occhi così piccoli,
acquosi, sperduti, cerco ancora quello
spirito indomito che aveva la forza
di rivoltare il mondo, tigre quando difendevi
la tua carne contro tutto e tutti,
chissà! forse è meglio così,
è meglio smarrire la coscienza
così quando lei verrà tu le darai la mano,
un gioco, di nuovo bambina, senza paura
e lei ti condurrà sull'erba nuova
dei Grandi pascoli dove potrai rotolarti
in giochi senza fine...aspettandomi...
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Un fitto monologo d’amore, fissando quegli occhi divenuti piccoli spiragli di vita in dissolvenza.
Le tue commoventi parole testimoniano un legame cresciuto nel tempo fino a divenire indissolubile ed eterno.
Un saluto, mati.

il 21/04/2007 alle 11:40