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Pubblicata il 13/04/2007
Goiventù dolce compagnia,
avanzavi d'improvviso come refolo
di zefiro quasi da levarmi via il fiato,
entravi dentro al corpo come luce
sfacciata e rosseggiante di fuoco
d'un ardente agosto,
accendevi ogni mia cellula, l'anima,
ogni lembo di pelle,
avevi quel profumo di pane appena cotto,
di fieno tagliato e messo ad asciugare,
di pannocchie da latte arrostite
su rami secchi,
d'uva rubata di ascosto,
di frumento battuto sull'aia,
rose selvatiche e glicine da succhiare,
bacchette di dulcamara, fichi fioroni,
carrube e castagne secche...
Quella smania addosso,
foglia nuova che il vento stuzzicava
e non lasciava mai in pace,
con i vecchi che ci guardavano invidiosi
del nostro argento vivo che indossavamo,
che nei meriggi dove l'afa levava via
la forza persino a bestie e discorsi
restavano rintananti come volpi,
solo cicale, formiche e bombi resistevano
come noi, avevamo le spade di legno
inchiodate, le canne di sorgo rosso
per cavallo, la fionda di bagolaro,
catturavamo mosche d'oro, lucciole,
raganelle, ramarri, salamandre e girini,
farfalle dalle ali di mosaico...
Gioventù
sei stata come pezzetto di ghiaccio
che dentro in bocca si è sciolto troppo presto
per poi lasciarti tutto arso dalla sete,
rondine partita e mai più ritornata indietro,
aquilone salito troppo in alto
con lo spago corto e sfuggito di mano,
ora ho soltanto una manciata di ricordi
che tengo inchiodati all'anima...
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