Per una volta Cristiano metti da parte tutte
queste cose moderne che imprigionano
l'anima, che incatenano la fantasia così
da essere passero dalle ali tarpate...
Dai!...leviamoci via le scarpe,
a piedi nudi,
stai attento che nessuno ci veda,
venivano i contadini all'alba
negli occhi avevano ancora le ombre
della notte, nelle mani i calli e la fatica
del vivere dipinta sul viso,
cantava la falce il suo lamento,
urlava quando la cote graffiava il filo
del taglio consunto,
sudori che scendevano fino a bruciare
gli occhi ed anche l'anima,
intorno si spandeva il profumo dell'erba medica
appena tagliata che odorava di buono
come il pane appena sfornato,
passavano le donne con la forca per girarla,
c'era chi aveva lasciato a casa l'ultimo nato,
chi canticchiava sottovoce pensando
all'Amore, aspettando la sera per poterlo vedere
quando sull'aia le ragazze facevano cerchio...
Su...su...non aver paura...lasciati andare,
rotolati, resta pancia all'aria a guardare il Cielo,
sembra che tutto stia girando,
che la testa voli via, sono nuvole che il vento
sospine e disegna...
Ascolta! è l'ossessivo frinire delle cicale,
il ronzio grosso dei bombi, il solitario gracidare
d'una rana in Amore,
lo sai portavo a casa vasetti di vetro ricolmi
di girini e salamandre,
catturavo farfalle e mosche d'oro,
viscide lumache che disegnavano scie stregate
che sotto i raggi del sole sembravano
d'argento fuso...
Vengo!...vengo...
lasciami ancora un poco,
lasciami socchiudere gli occhi per ritrovare
giorni lontani...
Si...si...
mi sembra di sentire delle voci,
si sono queelle di Luigino, Lele, Paolo, Mario,
avevamo le gote rosse come il fuoco,
l'ansare dei nostri petti pieni di fili d'erba,
di uva rubata e pannocchiette da latte,
poi arrivava il contadino gridando come
un matto, nell mano il rastrello come spada:
- Se vi prendo figli di cani!
e noi a correre come lepri col cuore in gola,
ci trovavamo tutti impauriti, accaldati, a bere
a gargarozzo sotto la bocca fresca della fontana...
-Vengo!...vengo...