a nulla varrebbe innescare la retromarcia
aghi di fichi d'india ne infilzerebbero
di già i lombi
dell'olivastro impulso alla fuga che traettoria non ha
astrale e non transita scene spaziali
in cerca di un luogo la cui metallica astrazione spari
a largo raggio
un solo colpo sterilizzante
una cinica pallottola al napaln
un diserbante di ogni stelo emotivo
un defogliante di foreste pensate di radure amate
prende carne l'esigenza incagliata
di tendere i muscoli del collo e impennare il corpo
per poi rigettarlo a capofitto contro gli scontrosi
scogli della malinconia
col cervello spappolato
la polpa del cuore vermina unghiata
dall'abbandono
sbattuta come un polpo appena pescato sul
granito lastricato del molo di terrasini
a spruzzare
del più nero e denso umore del sangue
la mediterranea aria gialla
che ci appesta la gola
la sicilia
è il sempre delle nobili e sprezzanti rovine
che ansimate si ergono a ossigenare spirali
di marmo zabaioni di albumina penetrando
gli acrocori della polis al sacro soglio sbriciolati
la sicilia
ti piglia a braccetto e immobile scruta
scavandoti le pupille
l'oleoso piatto marino che l'assedia immersa
d'alghe sinuose e voraci
nella selva senza limiti d'abbaglio
la sicilia
è il nostro suolo ideale reso arido dall'incuria
dell'amore ripudiato
dal labirinto delle parole senza labbra
e senza sbocco
la sicilia
è l'isola del vuoto solare che tutti noi siamo
e non vorremmo da soli ciascuno essere
quando le parole non bastano
come quando dell'alba al passo
lenta la notte luce diviene
senza data su di un cartone color cuoio
da un viaggio in sicilia con l'amico libero