A Omar Shariff
Accovacciato su di un vimini sonnecchioso
azzurro il sentire in questo giardino d'inverno
coperta di pile posata sulle ginocchia
le dita scorrono una brossura di cuoio ruvido
vecchie pagine screpolate consumate dagli occhi.
Vetri appannati disvelano questo insolito inverno
troppo caldo, troppo breve, troppo luminoso,
troppo giovane, ancora, per morire
in questo silenzio, di vibrazioni attutite
più solitario della fiamma pilota della stufa
Lentamente respiro il caldo respiro delle piante
e l'odore spesso e dolciastro di humus fecondo
imperlate di vapori dracene e ficus
pazienti attendono che la penombra mi sgoccioli
oppure che in cadenzato sbattere su lampadine fioche
Mi appenda alla prima ragnatela di passaggio
questo presente restar solo mi avvolge
recondita solitudine distante una tenda in ciniglia
..E il mio Zivago si scalda le mani al tepore di un samovar
Mentre la steppa del gelo quotidiano
o l'incedere del caso imperscrutabile
me e lui ci attende
e Lara ancora, serenamente appagata, riposa.
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