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Pubblicata il 30/05/2002
Hwæt!
Ira dei mari che decolla fragorosa copri il mio passato il mio discorso
Trascinandotelo dietro per frane di onde ed onde senza fine immense
Morrrto! Giacerà sotto l'urlo delle nubi nere!
Quale dio tra i massi sordi del suo tempio grigio
Riderà bevendo da braccia ignote il mio sacrificio?

Fiato mio si accascia al suolo ostile speso nell'interminabile corsa
Sopra le pianure, tra mezzo le foreste, all'affanno del sancire morte certa
Quando l'orgoglio del nemico berrà gloria squillante
Come l'eroe di antiche saghe cadrò travolto
Dalla sua stessa fatica incisa sul nobile volto?

Stridente inesplicabile una vendetta si abbatte su di me
Grumo di sangue d'eroi rappreso nudo a questo mondo
Sotto le ali vastissime urlanti del pianeta di morte e di vermi
A piedi o su cavalli percorrendo divora la terra
Il nunzio maledetto senza occhi della guerra

Tu - Théodred!
Cosa mi riporta a dimensione appropriata dal respiro della spada
Memore della corsa sfrenata dei destrieri a uno squarcio d'orizzonte
Assorto a meditare estremo appiglio nella lama?
Affranto respiro, ultima corona! a una crosta di tuoni
Ora ama sussurrarmi la tenebra e i suoi suoni

Mi guarda svelto rimbalzando dai bastioni aviti il vento rapace
Sibilando fra i muri sordi come un pugnale dentro le mie ossa
Nemesi, stirpe divina, che ambisce riposo in me
Sbattendo in mezzo all'universo sola questa spiaggia
Sotto l'occhio inconsolabile della ghiaccia

Dell'epica caduta la rovina si sgretola ai miei piedi ad un pensiero
Fremendo a statue di tombe e sguardi d'incisioni scanditi nella pietra
Definitiva preda come i monti di un'erba che inghiotte gli anni!
Gloria sovrana d'oscuri mantelli riflessa, fai sì che tu credi
Di ambire sui libri ignobili la sorte di cento Etelredi?



Théodred
Guardati adesso guerriero che gemi nel fango
Tu piccola progenie di prodi capi di popoli
Théodred, proprio tu?



No!
Immemorabile ala che ancora stendi respiro alla terra d'Albione
Reca il mio nome agli ori e ai ferri di quel pendolo cui nei secoli
Cadendo e risorgendo si volsero Re per ungersi agli Dei
Ed ora che immantinente quest'ombra mi lascia
Empirò il petto con sforzo per metter mano all'ascia

Adombrato sta il cielo altissimo ora nel rincorrersi di falchi, e carico di nubi
Minaccia ancora affronto, pane di una vita, scaglia dalle armi viva difesa
Nel dardo che forte d'un nome va, e spera di trafiggere
Acquietando subito nobilita nel sangue la mia rabbia
Dandole sigillo futuro in questi sassi e in questa sabbia

Si prepara il canto a levarsi, in disprezzo alla tempesta oscena delle sorti
E ignorando questo mortalissimo tremore della mano indovina il sogno dello scudo
Solo il ferro ardirà alzarsi all'altro ferro!
Sacrario già scordato del valore, numinosa offerta
Sorgerai all'oggi dalle nebbie, e resisterai sull'erta

E sia!
Che di seimila passaggi sbattuti sui sassi sognando altri tetti
Inseguendo quotidiana la vittoria che gode dell'attimo e riparte
Sia forse sorta nelle gambe una folle brama latente,
Lucido peccato che rifulgendo mendica sode ali,
Destino irreparabile inciso al gelo delle luci boreali?

Ambizione! inquieto stendardo dei mai tranquilli principi che fremono
La fronte arcana gettando sempre a figure disegnate nella nebbia
Lacererai viva carne sull'altare di un fantasma
Salisti impetuosa quale fiotto lontano di gesta
All'elmo troppo spoglio che cingeva la mia testa!

Questo demonio, dragone maledetto che squassa l'Abisso
Vedendo già prede ai suoi denti contorcersi sulle pergamene e le vetrate
Non avrà a strappare per mezzo dell'orda l'eroica solitudine
Che consiste selvaggia sopra il solo poggio verde
Nell'immensa lacrima del cielo che tra i lampi si disperde
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