Sei lucida calla
prolungamento del bulbo
di un intimo sobrio e carezzevole
Gemma coltivata
calice che corrobori
-goccioline pacate e virtuose-
la mia sete trasudante nostalgie.
Bianca, ansimo a te
-nuvola ammorbidente
le salate fronti di due alture scostate-,
gialla, in te m’assiepo
-flessuosa paglia dal riposante contatto-.
Variamente solco l’armonico soffio
che si staglia dall’esternata profondità;
l’introflesso bagliore che s’inerpica
per distese di felci arruffate,
la levità degli stormi che fluiscono
dagli albori di incontaminabili giorni.
Ogni volta che la primavera predispone
quel senso d’altrovenire,
io -il piccolo ovattato mimulus-
riabbraccio quel giardino di ameni
rigogli, paripennati ai tuoi occhi
che perenni come sepali di rubino
custodiscono rifrangendola
la mia anima in fiore.