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Pubblicata il 28/12/2006
Se un giorno
io più non potessi
plasmare la tua carne
nel marmo tenero
traboccante vita
come un dio primevo
che s’incanti
nella sua creazione
o dissetarmi col vino
dei tuoi seni
colmi come gli acini d’ambra
prima della vendemmia
o le tue labbra
veder dischiudersi
come un fiore raro
che solo sopravvive
sulle mie…

Del liquore
che toglie la ragione
m’inebrierei,
d’un’ombra
d’un clamore di stelle
che sull’orizzonte illune
s’affollano in silenzio
quando la luce sfuma
nella gloria corrusca del tramonto…

Ma io ancora
vedrò gli occhi
trafugare al mondo
questa fiamma
che tinge di rosso e arancio
il bosco intorno
e te
ormai senza difese
sottile cerbiatto
che l’istinto impaurisce
e la voglia di sapere
ferma
presto dileguato nella macchia
lasciando l’autunno
a sciogliersi tra le dita.

I fianchi vedrò
nell’azzurrina penombra
ed il tuo arco impaziente
curvarsi verso me
e nella sera
intenerirsi
come fa l’onda
quando il vento è caduto.

S’accende la luna
su scogliere
e cime.
Inonda la tua pelle
il corpo tuo
nudo di gioia
che voglio
come un tormento
fino al mattino
avere.

Che voglio
fino al mattino
come in delirio
amare.
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