Essere protagonisti di un film
che è e sarà solo il nostro,
in barba all'industria, a chi
ci ha considerato o chi ci considera
comparse di un cinema sordomuto.
Uscire all'aperto, inalare aria pura
inghiottendo ogni malessere,
staccando quelle spine mortifere
che non riuscivamo, fino a ieri,
a strappare dal cuore.
Ridere quando tutto congiura contro:
la risata del pazzo o forse
del saggio, di chi non si ferma
all'apparenza che condanna,
a una superficie di pece.
Trovare la forza di sopportare
ingiustizie vessatorie o vessatrici,
le arabe fenici di ritorno,
ma poi da scarpe e scarponi
toglierci sassolini e speroni.
Sovvertire logiche incancrenite
aprendo mente e anima
a quel nuovo che rende la burocrazia
un pelo nell'uovo, la gerarchia
nient'altro che un tarlo.
Vivere non per sopravvivere,
né per prepararci a morire
o all'al di là, ma per vivere qua
come un fiore che resiste alle rocce,
come rugiada che disseta gli arbusti.
Esserci, a tutti i costi.