Mentre il gabbiano rema le nubi ,
quell’ala più corta l’obbliga
a prestare il suo volo
a un fianco soltanto.

La terra che incontra più vicina
lo ha sempre turbato;
disorientato, altro non fa che volare.

C’è una tenera riva donde
scaglie di luce trasfondono sabbie
in quieti avvallamenti ,
e da una muta ebbrezza
si generano aggettanti maree.
Egli oggi l’ama più di quanto invero l’amò.

Volando ha poi proseguito fuori da ogni destino:
danza proteso arcuando dolenti le zampe,
lungo manciate di ripetute corsie.

Viene un giorno che sobbalzando il suo dorso
non regge al bisogno d’un cadere guardingo;
bagnando le piume scopre quanto meno morbide
siano, tanto da immaginare
una pelle più adatta;
è così , egli ripensa, scendendo
che i figli del cielo poterono correre.


Un orlo di battigia frangendo,
fuori da un’esile scia
infine appare
sorretto a una gruccia,
la barba allungata che intralcia
i suoi passi ; da un clivo
si trascina alla sorgente
ove dormono immersi
i passaggi dei suoi compagni,
lontani che siano.
Ivi ride più volte al tempo,
deponendo una rinascita aspersa
d’un bianco e umano lacrimare.