PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 24/05/2002
. Penombre inquiete
rischiarano la figura
di spalle.

Raccoglie
nel proprio ricordo
i mille spazi
del proprio essere
ormai trascorso
e dimenticato.

E quante ansie
e quante dolcezze
nel setaccio
della vita
sono rimaste
nell’enfasi
nei pensieri
di quei primi giochi.

Strade
assolate
e ritmi.

Visioni
nell’accesa virtù
nell’euforia imberbe.

La prima palla di pezza
di poi
a colori rotanti
nel gioco del calcio
nei terreni spinati
di antichi orti
inconsci
del futuro cemento.

Le prime corse
per i dirupi
e pendî rovinosi
tra scrosci di strida
ed urla di conquista.

Il primo cogliere
del frutto proibito
nell’orto sconosciuto
acre e verde
ma gustoso
per il primo sapore
rubato al vicino
assopito nel chiaro riposo
del plenilunio lontano.

E quante tascate
di acri
sapori rubati.

E ceppi schiantati
dallo strappo
di corti calzoni
e zuave dimesse.

Gli uccelli spiumavano
in fuga
all’udire la ciurma
dell’orda in agguato
per i campi
e tremavano
per le trappole
tese
e per le incursioni
tra i nidi
alla ricerca
dei piccoli piumati
dall’inconscio becco
affamato.

Le rane zittivano
le cantiche acquatiche
e immergevano avvilite
il verde
della pelle tamburina
sfuggendo l’appetito
di esche
cucite al laccio
di un qualche scarpone
dimenticato
poi
sul lembo della palude
ma oggi seccata.

Giochi e trastulli
e cori di invenzioni
pensate per le notti
insonni
e sperimentate
poi
di buon’ora
all’alba
venuta di getto.

Le corse per le strade
ciottolose
nell’acchiapparsi continuo
infine
sulle basole
della piazza popolata
da qualche somaro
e da macchie di vecchi
sui muri…
….o, forse…
.…di ombre sedute.

E l’instancabile corsa
coi gatti del Borgo
stanchi e anchilosati
dalle tante serate
nebbiose
tra le viscerali urla
di terrore
nell’eco delle viuzze
spopolate e mute
e dall’acre vortice
dell’odore di frasche
ammuffite
nel chiuso
degli aviti dammusi.

E poi
nei giorni di scuola
con le cartelle scucite
e smanicate
per l’uso diverso
di randello o mazza
e fiondate per i bui cortili
e per le processioni
di scale continue.

Il fumo vernicia di nero
i pali e gli alberi lontani
ed i paesaggi scorrono
veloci
diluendo le colline
in fuga
in placide pianure.

Dei fiumi
si scorge il canneto
e dei pioppi
soltanto le distese ombre
veloci
e fuggitive.

L’incrocio dei ponti
come ferrose trappole
confonde la lettura
della vista
e si impastano
i contorni delle immagini
in quel misto di caos
che è la vita.

Lo sferrare si quieta
alla nuova stazione
capolinea
per altri viaggi
fatti sempre d’ignoto.

E l’insieme dei minuti
sono scorsi in cronaca
per l’uomo di spalle
nel millennio della Storia
dai passi immortali.

Ed oggi
nel crescere
del suo riassunto
raccoglie le briciole
d’una sterile cena
di ossa
e carica
di untuosi trascorsi.

L’abito lanoso si scuce
e sfugge una tarma
rinsecchita dalla polvere
di quel Tempo lontano
e vissuto
oggi per ieri
nel ripetersi affannoso
e continuo
dei vissuti di prima
per il vivere migliore
del domani
nell’attesa
che passi
ancora una volta
quel treno onirico
nell’attesa speranza
di respirare di nuovo
e per l’ultima volta
quei tempi
di frutta rubata
e di passeri atterriti
e godere
di quei Paesi ingialliti
ripercorsi dal treno
fumoso
di quella antica Età.




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