Con le mani legate in lotta
con l’equilibrato senso della logica,
rapito e confuso dall’inafferrabile felicità
che fugge nei cieli della noia.
Con gli occhi bendati in segno di protesta,
a tastoni cammino in cerca del sottile alito di libertà
che in quei giorni di quiete s’intravede fra le nuvole.
Troppo spesso rimane prigioniero nei grattacieli
della solitaria sensazione d’appagamento,
e codardamente e senza invito, mangia alla mia mensa
Con le orecchie tappate senza un segnale di certezza,
navigo a vele ammainate
in quest’acqua agitata che non permette
alla luce del faro d’intrufolarsi tra la fitta nebbia verso cui
la mia rotta vorrebbe dirigersi.
E a nulla valgono i dolci canti delle sirene
che paziente ascolto in segno di conforto:
“conosci la tristezza sarà essa ad allontanarsi da te,”
“conosci il dolore sarà esso che fuggirà dai tuoi lidi,”
“conosci la gioia sarà essa che verrà alla tua tavola,
e da essa godrai anche d’una goccia di pianto”.
Saprò ascoltarli?