Scorreva argentina in condotti verdastri
tra muschi neonati al mattino
sciacquavan le barche smallate dai gusci
e in cima portava un pennacchio
diverso per mani di bimbi ridenti
Colpivano l’acqua a puntate le dita rosate
e intanto un fico indiano, raschiata la pelle,
nuotava e scendeva affondando e gridando
felice, alle urla di giovani maschi campioni
Più in là tra un gruppo di sette ragazzi,
“nuciddi”, un monello batteva rompendo,
con quello più grosso,( chiamato lo “mbaddu”)
le noci a castello formate da quattro palline
Tra risa sguaiate e cretine che aprivano il cielo
scomposto di nuvole allegre e ombrose;
nascosto tra pieghe di tele ai balconi distese
facevo l’amore sfuggendo a schiamazzi
per via della madre saltavo di corsa i terrazzi
schiantando le braccia distese nel gelo invernale