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Pubblicata il 27/04/2002
Dioniso ubriaco
- postumi di sbornia -
piange maniacalmente
per il suo cervello
fumante
mentre le baccanti
nude dormono
in cerchio affianco a lui.
Ad Apollo è finita
la voce,
il suo canto,
melodioso tappabuchi
non ha risolto
il dilemma dell’esistere,
il buco si è riaperto
come voragine
e la forza dell’acqua
ha affondato il veliero.
L’uomo ha sfidato
l’oceano
ed è tornato
con sabbia in mano.
Come mosca
continua a sbattere
contro i vetri appannati
delle sue mura
e si chiede l’oltre.
Il trascendente
è dentro, fuori,
è impermanente?
Non lo trova,
allora esaltato dice
che non esiste,
condanna, distrugge,
impazzisce
godendo sadicamente
della sua risata folle
ma ora è di nuovo
solo.
“Penso, dunque…ero.
Amo, dunque sono”
Ma l’amore esiste
per chi
mentre fuori infuria
il vuoto carnevale
si uccide?
L’amore esiste
per chi
nel vuoto carnevale
uccide?
La virtù e la conoscenza,
vitelli d’oro
vuoti simulacri.
Il godimento sfrenato,
il nuovo dio
che ti lascia
maledettamente solo.
E ora abbiamo di nuovo
bisogno
degli angeli.

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