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Pubblicata il 22/11/2005
Nel mio giardino
non fioriscono più rose,
ma bracciate di fiori secchi,
devastati al suolo da lacrime residue
Morto. Lui è morto.
Taci ti ho detto:
boccheggia la colomba d’avorio,
offrendosi lenta allo sguardo
guardate, la morte!
Mani in faccia a velare rassegnazione
ora anche la rabbia ho smesso,
alcova di un volo gelato
nel freddo sudario del camposanto,
una coperta brumosa di camelie
che intenebra speranza e respiro.

Nel mio giardino
scorrono rivoli di lacrime,
scure radici di fogne,
le mie mani non coltivano fiori,
ma ossa di figli,
in ricordo del tempo che è stato,
a memoria di un giorno in cui le viole
offrivano i segreti di un bacio.

Nel mio giardino
non più mura,
ma fantasmi di una casa,
quattro pareti senza più nome.
Chi, ora, potrebbe indicare la porta?
le finestre di pietra
socchiuse nel vuoto dell'inferno?
Neanche tu, così vicino
con la fronte allibita,
che pure hai visto il dolore
ancor prima che Caino
innescasse la vendetta,
puoi comprendere la mia guancia
orfana delle sue labbra.
Cigola, tetro come i cardini di una bara,
un vento di morte che scuote la Terra,
trafigge e rivolta, potente di sé,
cieli oscuri, occhi gonfi
senza gocce di pianto.

Nel mio giardino
ho smesso la vita
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La morte verrà all'improvviso, avvrà le tue mani e i tuoi occhi...così cantava De Andrè ...spesso viviamo nella morte per non saper vivere. Ognuno ha dentro di sè l'antidoto, salvo averlo perso. Poesia di rabbia sotterranea comunque scritta bene. Ciao

il 22/11/2005 alle 14:07

Nel mio giardino
ho smesso la vita


pianta i semi d'amore..
e la ritroverai

il 22/11/2005 alle 15:22

Emh questa poesia dovrebbe parlare di Eva, madre tra le madri, che subi il dolore più grande, la morte del figlio per mano di un altro figlio. Da allora eden divenne un giardino di dis-illusione. Poesia della morte allora si, ma non invocata, ma affrontata con rabbia. Antidoti? non credo ce ne siano, la morte viene per tutti. La morte bisognerebbe affrontarla ridendo o quanto meno sorridendo al fatto che capita a tutti prima o poi; questo se si tratta di noi. Non credo che la morte di un figlio, o di una persona amata si possa affrontare con una dose di antiveleno. Un bacio e grazie ad astrea e pirro.

il 22/11/2005 alle 15:31

quanto dolore in questa poesia,quante lacrime in quei occhi gonfi,. hai scelto con eficacia le parole per far rivivere il dolore. ti abbraccio da amica- ciao Rosa

il 22/11/2005 alle 15:41

grazie..
ma ciò che scrivi è universale e quindi
il tutto può entrarci nell'assoluto

il 22/11/2005 alle 15:42

Eden quale valle di lacrime "senza gocce di pianto" per chi ha la sventura di non vedere più il sorriso e gli occhi di un figlio.
Hai usato parole grandi come quel dolore, mati

il 22/11/2005 alle 23:45

l'antidoto è semplice non anticiparla, nel senso di non vivere sempre pensando alla morte, questo intendevo ciao

il 23/11/2005 alle 12:35