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Pubblicata il 08/10/2005
Figlio mio,
pallido, sofferto
in una parola adolescente
l’immobilità forzata
rende i tuoi occhi vivi,
si posano su ogni cosa
e su di me,
morbidi come calabroni
pesanti sotto le ciglia nere,
e inveisci contro il fato,
contro Dio, contro ogni cosa,
tutto ti è contro,
anche le mie mani
ti provocano spasmi.

Figlio mio,
è solo l’inizio,
non so se avvertirti o no,
ma questo male
che oggi ti tormenta,
domani ti parrà una passeggiata,
altre sono le ferite,
altri i nemici,
altri i momenti oscuri,
taccio quindi e ti sorrido
e godo di potere medicare
quel che domani invece
non mi sarà dato fare.
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è così difficile essere genitori.... mi rispecchio nei tuoi versi. Bella. marealto

il 09/10/2005 alle 12:56