La madre era l’attesa imprescindibile,
la gola fiorita di ginestre, l’insenatura calda;
era l’approdo certo.
La speranza scintillava inavvertita
tra le sue braccia.
La madre era musica alta, era la culla
che nutriva il sogno.
Improvvisa, la madre , si frantumò
contro pareti altissime
lasciò dietro di sé pozzi di solitudine
attese senza attesa, noia,
musica che, come in un disco
di vinile che s’inceppa,
ripete ancora e ancora
la stessa nota, all’infinito.