Cielo, lacrima pure,
senza timore,
cupo di tristezza,
figlio di malinconia.
Come me
rimesti e
sbuffi.
Apparteniamo ad una stessa madre,
colei che ci forgiò
di stessi affetti.
Giammai dovrai offenderti,
‘chè mi trovo troppo arida
per accompagnarti con altro pianto e lamenti.
Mi sento gli occhi pulsare
spenti;
li chiudo:
son pozzi profondi senza mare.
Mi sto abbandonando al tuo corpo trasparente. Avvolgimi.
Possa quel piacere gaudioso
impossessarsi del solo
tratto che
da troppo a lungo mi segue:
Tristezza, compagna rivale…
Sento la fronte madida di gocce amare.
Sto bene.
Sto male.
Cielo, continua a lacrimare.