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Pubblicata il 19/08/2005
Era il giorno che il mondo
piangeva i suoi morti più cari.
C'era chi ancora dal profondo
del suo cuore, con amari
singhiozzi, dava lacrime
fresche; e chi per l'anime
amate altro non dava che fiori
ripieni di antichi ricordi.
Il mondo e la gente là fuori
per un giorno vicino ai suoi morti
viventi soltando nel fondo del cuore.

Ma tu che già eri alla tomba
seppur fiatando e dandoti all'opra,
tornasti al suono di tromba
a una vita piena di vita sopra.
Andata via era la cupa falce
di quel tuo uomo nascosto
che col cuore fatto di calce
aveva nel tuo cuore preso il posto
della vita più vera e del suo grande datore.

Nel giorno dei morti tornasti
e io tornai insieme a te
e subito un sorriso mi donasti
e poi una battuta e tre
sguardi che altro non dicevano:
sono tornata per viver con voi.
Gli altri affatto non sapevano
leggere quei nuovi occhi tuoi,
ma io sì, leggevo l'universo di Dio,
leggevo la luce delle stelle
e della luna e la morte dell'oblio;
e per la prima volta quelle
ore con te sembravano dovessero non finire mai.

Due settimane son trascorse d'allora
e io nel mio cuore ogni giorno
accendo una candela che odora
d'ambra o di limone; e attorno
non vedo più brillare la volta celeste.
Troppo presto sei morta di nuovo
per colpa di un cuore vigliacco
sottomesso al giogo di un uomo
che pensa soltanto a riempire il suo sacco;
troppo presto è morta la vita
nel tuo corpo che altro non sprizzava
che innocenza pura e infinita
e che i nostri cuori deliziava
di una tenerezza che forse mai conoscerai.

Il giorno dei morti è ormai passato,
la gente è tornata alla vita di sempre,
ma se loro, per un dì solo, han ricordato
una vita rimasta nella loro mente
io, per tutta una vita, potrò ricordare
soltanto un giorno in cui il respiro
di tutti e due si è sentito parlare
e che il mondo ha avuto a tiro.

E quell'unico giorno di vita
era per tutti il giorno dei morti.

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