Eccoci di nuovo
ripercorrendo eterni
l'infinito cerchio;
voi sugli spalti,
noi nell'arena,
a voi le sedie,
a noi la terra.
Eccoci di nuovo
sulla sabbia,
pronti a farvi ridere.
Eccoci siamo qui,
siamo noi,
i soliti burloni,
i pagliacci di sempre;
un naso nuovo
non è un nuovo numero
ma è almeno un inizio.
Alla prima capriola
non udiamo risposta
ma al primo capitombolo,
eccolo,
il primo sorriso
e poi un altro
e un altro ancora;
lo spruzzo d'acqua dal fiore
e voi già cedete.
Le risate sono fragorose,
una lacrima esce
dai ridenti occhi di una signora,
un bambino lascia cadere il pop-corn.
Ci trovate spassosi,
ci deridete.
Voi ridete di noi
ma a beffarvi siamo
sempre e solo noi
noi che guardiamo
attraverso voi
voi che non ci siete
voi che sparite
nelle ombre del tendone.
Noi viaggiamo con la mente,
durante un caduta
o un calcio nel sedere,
verso l'immensità del
DIO PAGLIACCIO
e
ci beffiamo di voi,
voi che siete
padri madri vecchi
e bambini
un' unica ignobile
massa vociante
festante
colorata,
voi che vivete
miserabili vite
voi che siete feccia
e null'altro
state li
seduti come scimmie
aspettando
aspettando una risata
uno scherzo
uno sberleffo.
Dovreste chiedere il mondo,
potreste farlo
ora,
potreste smettere di vivere
povere e infelici vite,
potreste chiederlo
e
forse il
DIO PAGLIACCIO
vi accontenterebbe.
Ma voi
siete preduti
in questo vostro labirinto,
soli,
morenti
e
perduti.
E allora
eccovela
la vostra risata
una capriola
oplà
il DIO PAGLIACCIO
vi ha accontentato.