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Pubblicata il 06/05/2005
L’ombra avvolge le mie membra,
celando la mia sagoma agli occhi della strada;
come un mantello essa mi sembra,

m’avvinghia il corpo puntandomi alla gola la sua spada.
Un acerrimo freddo aggiunge al mio cordoglio
la sua tagliente lama, che si fa chiamar rugiada.

Ecco la notte che spodesta il giorno dal soglio:
in queste ore di tenebre resta sovrana;
all’ombra della sua coltre ne miro il piglio,

invisibile come sono alla presenza umana.
I meandri della strada, lo sguardo sonnolento
stanno a mostrare, serrando gli occhi su questa terra urbana.

Alzo gli occhi e vedo il firmamento,
di tutte le notti, compagno perenne
e platea immobile del mio sgomento.

Volgo il mio guardo verso la luna che svenne
ottenebrata da questo buio cruento.
Immerso nell’oblio la miro solenne.

Quella fosca nebbia la nasconde al mio lamento,
e nella mia alma, un monito, questa condanna m'aggiudica:
“‘Ecco sono qui...solo... al vento!”

Vedi Luna! Anche tu, di notti insonni amica,
stavolta mi lasci, senza consenso,
solo meco, sì ,che parola non trovo che si dica,

sennonché come un naufrago in un oceano immenso;
ma non un ruggito dei flutti nell’ombra sembro udir,
ma solo un placido silenzio sì intenso:

e tanto è rude che il fragor mi viene di lodar;
in queste ore nere e brume povere di azioni
non mi resta altro da sperar

che un dolce sopore mi ottundi il senno e le titubazioni.
Intanto le ore corrono nella notte strasciconi,
ma non un ciglio si chiude, nè si placano nel mio cor le perturbazioni.

Sonno! Non m’avvicini nel mio lurido giaciglio di cartoni;
con la testa su un cuscino di pietra posata soavemente,
nulla posso far, fuorché contemplar le mie tribolazioni.

E nell’ oscuro, mi sovvien cupamente,
che non uno sguardo d’omo mi si volge di giorno,
invisibile come sono alla gente.

Il mio capo, di fango é adorno;
e del reietto, nei miei gesti,
ne porto l’emblema tutto il giorno.

Putride e fradice sono le mie vesti,
scarpe consumate, dei miei piedi, sono il letto,
e brandelli di stoffa sono i resti.

Il mio passo silenzioso, non orma giammai lascia dappertutto;
e le mie man, niuna impronta nota al mondo, provano a dichiarar:
poco più che è niente sono per esso dopotutto.

Un alito acre , di lacrime e sudore
le mie spoglie sembrano odorare,
e giammai m’abbandona codesto afrore.

Frugo nelle immondizie per mestiere,
e talvolta ho un cane per compagno,
mentre rubo cartoni per dovere,

ma non di denaro ho veramente bisogno;
ma solo un sorriso, sul volto dipinto
della gente che mi fa ermo, è quel che sogno.

Sole! Invoco te con il cor compunto,
mentre miro in mente il tuo volto che agogno,
aspetto il chiarore che metta fine al mio pianto.


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5,0/5 meriti (1 voti)

sei veramente bravo

il 06/05/2005 alle 12:55

grazie!

il 06/05/2005 alle 15:08

Complimenti

il 06/05/2005 alle 20:22

grazie davvero!:-)

il 06/05/2005 alle 20:53