Mi incanto
davanti a un oceano di parole
che ribolle merletti di spume,
trine finissime che appaiono
e scompaiono in lampi di luce
veloci guizzano e si perdono
come pioggia di meteore d’agosto.
Mai potrò catturare
i sogni d’argento che balenano
si rivelano e fuggono
ma rischiarano d’infinito incanto
il mio più profondo sentire,
mai saprò tessere visionaria tela
coi fili di luce che mi sfiora e svanisce.
Si rivela ai miei occhi e svapora,
la perfezione, in lampi inafferrabili
di metafore e allegorie sublimi
che mi lambiscono e si inabissano
nell’assoluto buio
oltre i confini del consolante conscio,
là dove le parole si perdono.