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Pubblicata il 28/04/2005
Impresse nella terra melmosa e grigia di campagna
sopravvivono ancora le gentili, eppur gravose,
spedite orme di Maria.

Nelle trizzere, tra gli arbusti e i fichi d'India,
tra i prati incolti dei monti a ridosso
che portano all'approcio dei secolari fusti
custodi antichi dell'oro contadino;
ulivi dai rami genuflessi, curvi sotto il peso verdeggiante
della polpa succolenta.

E` la`, nella terra delle tristezze e delle ristrettezze comuni,
che si ereditano e infinitamente si susseguono,
e` tra l'agro-dolce sanguigno delle arance,
l'inebriante, ardente profumo dei limoni e
tra i tentacoli spinosi dei carciofi,
e` la` che supina, mescolata,
abbracciando e stringendosi alla natura,
si ferma, ansima e barcolla,
spegnendosi cosi` la cara e pia contadina.

Addio amabile e umile signora.

La semina, portacroce stanchevole di mistizie, e` finita;
e` giunta l'ora dell’intero abbandono.

Vai serena, come quando all'imbrunire,
dalla campagna alla borgata sulla giumenta
a tornare t'apprestavi,
poi libera di mietere quel raccolto
di fatica, adornato e di traboccante di delizie;
poderose e soffici primizie, ch'ora,
imperitura e celeste, come allora tu aspetti
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