Sei venuto a trovarmi innocente, tu, l’angelo vendicatore, riprendendo la residenza alla nostra sede al caffè. Ho sorriso al passaggio di un’ora e mi sono messa nelle tue mani capaci. Hai esaminato gli articoli fra noi, delle parti dubbiose di distinzione, divise nel ripudio e nella rivendicazione. Le muoveresti in un modo soddisfacente, leggermente. Al momento in cui le tue dita hanno respinto una minaccia più grande, ho visto la scala di Giacobbe apparire davanti a noi, che conduce in nessun posto. La mia penna è rotolata fuori mano. “Ah”. Ho osservato l’ora riempire lo spazio, una destrezza ferma mentre mi sono messa nel contrasto e nel dolore al momento senza sbocco.
Sei diventato vago al mio ultimo tentativo quando al momento proprio, non nel caso, ti sei alzato per andartene. Un’ombra nell’impazienza muta è caduta attraverso la mia guancia. È passata e la luce dietro ha rivelato la nostra tavola vuota.