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Pubblicata il 13/03/2002
Eccomi qui,
prima o poi l’avrei fatto:
avrei sporcato d’inchiostro
una pagina vuota che, da tempo,
chiede di essere riempita.
Tantissime notti ho pensato di scriverti,
ma ho voluto, di proposito, attendere,
attendere che i giorni si accumulassero assieme a queste emozioni,
che le sensazioni si sovrapponessero le une sulle altre e maturassero.
Lo hanno fatto,
sono cresciute come spighe al sole,
sono fiorite come boccioli a Maggio,
sono lievitate come dolci in forno,
poi, opulenti come una bimba ingorda,
la loro misura è divenuta incontrollabile;
supplicavano di essere sfogate,
come un urlo senza ritorno;
mi domandavano d’esser liberate dalle loro grate
che, seppur d’oro e d’argento,
soffocavano la loro ampiezza.
Ho, dunque, deciso di liberare il loro canto,
aprendo loro le gabbie,
facendole volare,
per poi tornare a me.
E così è accaduto:
mi sono innamorata perdutamente,
o per usare una felice espressione americana,
sono caduta e inciampata clamorosamente su di te.
Le emozioni hanno spinto via il tappo che le teneva prigioniere lì,
nell’animo mio, ormai aperto come un vaso di Pandora.
Esse mi ronzano intorno,
sembrano farfalle a forma di donna,
sono come il Vesuvio in eruzione,
ed è tutto un esplodere di fuochi d’artificio,
di bombe e di cannoni,
di capodanni e di feste,
di stelle comete che vengono giù da lontano,
di musiche e di rumori,
di balli e di giochi,
di lacrime e risate,
di stelle filanti e acrobati,
di usignoli e canarini,
di arpe e di trombe,
di angeli e di bambini.
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