Porto sul petto
i segni di chi conosce
la via del vuoto
tra la prima
e l'ultima parola.
Tra me e te
non resta più
che tessuto lacero
alle reni,
consunto alla moneta
dei pensieri.
Sul fianco del daino
cerco il mio guanciale,
al basalto rosso
riconosco le sue impronte
e quel falso odor di spezie
pregno alla lussuria
del mio sangue feerico,
consacrato in tabernacoli
d'iperbolica malia.
Della fenice ho il becco
e cento fori in flauto:
qualche tocco di rossetto
al soffio di vita,
al tempo compresso
in gemme
di cenere al ritorno.
Bersaglio alla freccia
m'offro, in sublime canto:
dell'io mio abolito
spargo a miglio i grani.