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Utente eliminato
Pubblicata il 04/10/2004
Pluto dormiva tra le scarpe, nel ripostiglio.
Pluto era il cane bianco di Caronte,
il traghettatore: aveva un peschereccio
rosso e azzurro, senza nome,
- per non dare nell'occhio -
così diceva. Alto, grasso, capelli unti
di grigio, camminava lento,
come cammina chi non ha paura di niente
come cammina chi se ne frega del tempo,
reggendosi ad un bastone di legno,
lucido, che gli conferiva
un fascino che non saprei spiegare,
uno stile particolare
che mi ricordava quella foto
di Lord Winchester
sbirciata anni fa,
in treno, dalla rivista di una donna
vestita di viola, di cui ricordo solo il viola.

Caronte amava Gilda.
Gilda s'ammalò giovane e Caronte
s'ammalò dentro anche lui
e socchiuse gli occhi
riducendoli a sottili ferite,
impenetrabili
per me
per tutti.

Caronte ammazzò il dottore
che sbagliò la diagnosi,
gli sparò in faccia,
lo caricò sul peschereccio, di notte,
e buttò il corpo in acqua,
al largo.

Caronte era buono.
Caronte mi regalava, da piccolo,
caramelle alla menta
e soldatini di legno.
Caronte aveva gli occhi tristi,
io glielo dissi mentre mi teneva in braccio,
una volta, fingendo un'allegria
che non gli apparteneva,
e lui m'accarezzò
dicendomi
- Tu cresci troppo in fretta,
ragazzo mio, lo sai? - .

Gilda non parlava più, ormai.
Gilda indossava una gonna bruciata
quando la vidi, un giorno,
di sfuggita, nella camera di Caronte:
aveva un orologio sulle gambe, senza pile,
chiuso ancora nella confezione rossa
che lasciava intravedere solo il quadrante.
Gilda accarezzava l'immagine della madonna
che decorava il quadrante,
di continuo, meccanicamente,
poi muoveva la testa
in alto, in basso,
chiudendo gli occhi grigi di vita.

Caronte amava Gilda.
Caronte non aveva più appigli
e ammazzava e beveva
e moriva ogni giorno
iniettandosi eroina
e traghettava
anime magre di luce
da una sponda all'altra del mare.

Ronny poi, tempo fa, mi raccontò tutto
ciò che non sapevo ancora:
che Caronte morì
di una morte strana,
che Gilda pianse
per la prima volta dopo
40 anni di amaro silenzio
e Pluto s'addormentò
accanto al padrone
e non riaprì mai più gli occhi.
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Continuo a trovare un certo fascino per quello che scrivi, mediato da un'allergia verso bucowski e tutti i suoi epigoni. Comunque ti faccio la stessa domanda di qualche settimana fa... "ndo sta la poesia??"... comunque con affetto per rallegrare un pò sto sito
Umberto

il 05/10/2004 alle 09:22

Che sia poesia in prosa, o prosa in forma poetica, non importa. Trovo che quello che scrivi abbia sempre una certa originalità e per questo mi piace leggere i tuoi versi... questa poesia, poi, l'ho trovata assolutamente riuscita, nella forma e nel contenuto.
Un salutone a te.
Michele

il 05/10/2004 alle 17:05