PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 12/09/2004
Dignità dove sei ?
Riposa sotto le mie scarpe infangate
e il mio cammino verso te
si fa pesante , incerto , barcollante.
Non voglio uscire da questo acquitrino
non voglio soffrire il distacco.
L'amore è un ricordo lontano
ma le nostre teste sono ancora vicine
nello stesso letto
nello stesso guanciale
pieno di sogni infranti dalla realtà
.............. la mia realtà.
La mia mente fugge dove non era mai stata
verso quei luoghi che mai abbiamo visto
verso quella libertà che mai il tuo amore
aveva permesso.
Forse il giorno è arrivato , ma voglio
prolungare questa forte illusione
che sta accecando il tuo dolce sguardo.
Sono un vigliacco , ma quel briciolo
d' affetto che mi resta
voglio consumarlo lentamente.
Scusa amore mio.
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La poesia mi ha colpito....insomma anche tu, come me hai sofferto per amore! Tra le righe ho letto quella sofferenza cadenzata, ma non farti prendere troppo dal dolore altrimenti finisci che soffri tanto ancora più di me: impossibile!
comunque ottimo lavoro, lascia che la poesia sia il tuo vero ed unico cuore.....la mano la scrive ma è il cuore a sentire la pesantezza di ogni parola dolorosa.
Mi piace comunque questo tuo poetare.....leggi anche le mie altra poesie sparse per le varie categorie.
Contiuna cosi, in bocca al lupo!!!

il 13/09/2004 alle 23:43

Ciao,
grazie innanzi tutto per aver fatto cadere su di me la scelta di commentare il tuo lavoro, anche se non sono abituato a correggere " i compiti";
tentero' di esprimere un mio parere, sulla base di quanto ho letto e credo di aver appreso.
Dignita'= nobilta' morale che deriva all'uomo dalla sua natura ed insieme rispetto che egli ha di se;
quindi mai perderla od appellarsi ad essa, quando ci sentiamo la coscenza non a posto.
Tutta la tua composizione e' un dettato di sofferenza che hai avuto il coraggio di trasmettere, quasi come ultimo sfogo, anche se, un po' ipocritamente, sftrutti tutta la tua sensibilita' sulla dignita' altrui, chiedendo, quasi come se ti appartenesse ancora, il diritto di ottenere.Quindi, a mio avviso, non tanto cuore di fango, ma cuore di pietra!
Per quanto attiene invece al diritto alla vita, qui ci si tufferebbe in un mare cosi' burrascoso ed in un tema cosi' lungo e difficile da trattare, che preferisco tralasciare, pero' il diritto alla vita e' di tutti naturalmente ed e' anche legato a fasi comportamentali che mai dovrebbero derogare da quei dogmi essenziali che accompagnano la nostra esistenza: uno di questi e' la felicita'.
Sei mai stato felice?
Te la senti di leggere quanto da me scritto tempo addietro, proprio su questo tema? Ci provo:



IL DIRITTO ALLA FELICITA’



Parafrasando in termini comuni, sembrerebbe proprio che la felicita’ fosse li’ a portata di mano; basterebbe chiamarla sottovoce per far si che essa compaia davanti alla tua persona dicendoti: come mai mi hai chiamato cosi’ tardi?

Ma esiste un tempo ben definito nella vita dell’uomo,dove la felicita’ diventa un patrimonio di vera cultura interiore, condotta e voluta con quella fermezza nel credere al vero e solamente al vero, trascurando tutti i surrogati del vero?

Ora so per certo di poter rispondere affermativamente a questo interrogativo:

Ora so’ finalmente che quel diritto che sta davanti ad ognuno di noi, pronto a farsene impossessare, ha una sua storia vera, un viale su cui si e' saputo camminare e non correre, un coraggio che ha sfiorato la pazzia nel desiderare,
una certezza unica e consolatrice di cose che prima ti parevano ingiuste, una fermezza tremenda nella ricerca di una consolazione che solo li’ sapevi di poter trovare, una luce che si contrappone al tramonto di quei momenti in cui lo sconforto diviene il parente piu’ stretto della solitudine.

Quindi questo diritto che esiste cosi’ come tale, diviene parte acquiescente di te, solo dopo aver esaminato attentamente tutti i percorsi che lo hanno determinato e soprattutto tutte le sofferenze che lo hanno preceduto.

Ed io ora, credo proprio di aver attentamente atteso a tutti quei dogmi
che la natura umana necessariamente descrive, prima di giungere allo stato di potersi definire: veramente felice.

Lo affermo proprio nel momento in cui maggiormente soffro e potrebbe sembrare una maledetta contraddizione l’essere felici nel momento in cui non si sta bene con se stessi: eppure e’ cosi’.
La felicita’ non ha origini di trasgressione dall’IO, la felicita’ non ammette compromessi, lei e’ pura e semplice, chiara e lampante, lineare e corretta; lo e’ cosi’ con tutti!

Quindi ho appreso dalla sua origine quali sono le strade da percorrere per arrivare a lei e tra queste vi e’ sicuramente la sofferenza; quindi sono felice se soffro,ma so’ che quella sofferenza e’ solo momentanea, e devo saperla superare per far si’ che la mia anima successivamente riposi in armonia con il mio corpo e con la mia mente.

Passaggio non facile da tradursi in termini di efficace realismo,ma per far si che tutto cio’ avvenga, bisogna necessariamente AMARE, la vera spiegazione di tutto, sta proprio li’.

Ed ecco allora che si assemblano benevolmente nella tua memoria i cosiddetti RICORDI.

Sono loro i maggiori responsabili dell’effetto che provocano al tuo stato d’animo il far si’ che tu ti senta effettivamente felice.

Se i ricordi sono belli,trasparenti,veri,incorruttibili,sofferti,voluti in due, se i ricordi non ti portano lacrime sul volto ma tenerezza nel cuore, se i ricordi ricompongono tutto il coraggio nella determinazione di una azione presa ,ed in conseguenza della quale vedi mutare il tuo futuro, allora la felicita’ ha avuto ed ha espletato il suo ruolo.
Quello di determinante controfigura di chi prima non eri, ma apparivi, di chi prima rideva, ma senza gioirne, di chi prima anche amava,credendo che nel fare sesso si sarebbero spente le fiamme di quei fuochi che dentro di te ardono,senza che tu sappia chi dentro te li ha accesi.


Crescendo impari a classificare e classificarti:

Il momento del vero cambiamento avviene: quando l’esercizio della quotidianeita’ comincia ad appesantirsi sul tuo diritto alla vita, quando l’acquiescenza al solito dunque diventa banalita’,quando
La ripetizione di cose sempre fatte fa’ si che ti interroghi, quando anteponendo l’ineguaglianza tra il giusto ed il dovere, una parte di te si ribella e comincia a guardarsi indietro!

Quando senti di non piu’ sentire,
quando non trovi cio’ che stai cercando,
quando ti perdi in banalita’,
quando sei stanco senza aver fatto nulla,
quello e’ il momento del non-ritorno, e’ il momento di fermarsi e riflettere.

Recriminare?
Pentirsi?
Ritentare?


No: tutto questo la Felicita’ non lo ammette:

mai troveremo felicita’ nel ripercorrere sentieri dove ci siamo sentiti stretti e scomodi!
Mai troveremmo felicita’ se, pentendoci, sapessimo invero di aver scacciato il morbo da noi!|
Mai troveremmo felicita’, se nel ritentare, lo facessimo solo per una forma di dovere civico e non per il ritrovamento della nostra esistenza persasi chissa’ dove!

Se lo facessimo,daremmo alla felicita’ il senso della sua sconfitta su noi e sposeremmo il suo peggior nemico: LA RASSEGNAZIONE, cio’ che umilia l’essere dal suo ipotetico divenire.

Quindi sentirsi felici e’ quando lo spiegamento di forze che prima determinavano il cammino del tuo destino, e’ finalmente sconfitto!

Io,stamattina, a cavallo tra due secoli, credo proprio di essere vicino
al traguardo massimo che ogni mortale detiene, ma pochi posseggono:

Federico

31/12/2001 ( ore 03,25), a cavallo tra due secoli.

Continua a scrivere ed esprimi sempre quanto dentro a volte fa male, ma scrivi,scrivi,scrivi,scrivi...................
Federico













il 16/09/2004 alle 12:01

Ciao,
grazie innanzi tutto per aver fatto cadere su di me la scelta di commentare il tuo lavoro, anche se non sono abituato a correggere " i compiti";
tentero' di esprimere un mio parere, sulla base di quanto ho letto e credo di aver appreso.
Dignita'= nobilta' morale che deriva all'uomo dalla sua natura ed insieme rispetto che egli ha di se;
quindi mai perderla od appellarsi ad essa, quando ci sentiamo la coscenza non a posto.
Tutta la tua composizione e' un dettato di sofferenza che hai avuto il coraggio di trasmettere, quasi come ultimo sfogo, anche se, un po' ipocritamente, sftrutti tutta la tua sensibilita' sulla dignita' altrui, chiedendo, quasi come se ti appartenesse ancora, il diritto di ottenere.Quindi, a mio avviso, non tanto cuore di fango, ma cuore di pietra!
Per quanto attiene invece al diritto alla vita, qui ci si tufferebbe in un mare cosi' burrascoso ed in un tema cosi' lungo e difficile da trattare, che preferisco tralasciare, pero' il diritto alla vita e' di tutti naturalmente ed e' anche legato a fasi comportamentali che mai dovrebbero derogare da quei dogmi essenziali che accompagnano la nostra esistenza: uno di questi e' la felicita'.
Sei mai stato felice?
Te la senti di leggere quanto da me scritto tempo addietro, proprio su questo tema? Ci provo:



IL DIRITTO ALLA FELICITA’



Parafrasando in termini comuni, sembrerebbe proprio che la felicita’ fosse li’ a portata di mano; basterebbe chiamarla sottovoce per far si che essa compaia davanti alla tua persona dicendoti: come mai mi hai chiamato cosi’ tardi?

Ma esiste un tempo ben definito nella vita dell’uomo,dove la felicita’ diventa un patrimonio di vera cultura interiore, condotta e voluta con quella fermezza nel credere al vero e solamente al vero, trascurando tutti i surrogati del vero?

Ora so per certo di poter rispondere affermativamente a questo interrogativo:

Ora so’ finalmente che quel diritto che sta davanti ad ognuno di noi, pronto a farsene impossessare, ha una sua storia vera, un viale su cui si e' saputo camminare e non correre, un coraggio che ha sfiorato la pazzia nel desiderare,
una certezza unica e consolatrice di cose che prima ti parevano ingiuste, una fermezza tremenda nella ricerca di una consolazione che solo li’ sapevi di poter trovare, una luce che si contrappone al tramonto di quei momenti in cui lo sconforto diviene il parente piu’ stretto della solitudine.

Quindi questo diritto che esiste cosi’ come tale, diviene parte acquiescente di te, solo dopo aver esaminato attentamente tutti i percorsi che lo hanno determinato e soprattutto tutte le sofferenze che lo hanno preceduto.

Ed io ora, credo proprio di aver attentamente atteso a tutti quei dogmi
che la natura umana necessariamente descrive, prima di giungere allo stato di potersi definire: veramente felice.

Lo affermo proprio nel momento in cui maggiormente soffro e potrebbe sembrare una maledetta contraddizione l’essere felici nel momento in cui non si sta bene con se stessi: eppure e’ cosi’.
La felicita’ non ha origini di trasgressione dall’IO, la felicita’ non ammette compromessi, lei e’ pura e semplice, chiara e lampante, lineare e corretta; lo e’ cosi’ con tutti!

Quindi ho appreso dalla sua origine quali sono le strade da percorrere per arrivare a lei e tra queste vi e’ sicuramente la sofferenza; quindi sono felice se soffro,ma so’ che quella sofferenza e’ solo momentanea, e devo saperla superare per far si’ che la mia anima successivamente riposi in armonia con il mio corpo e con la mia mente.

Passaggio non facile da tradursi in termini di efficace realismo,ma per far si che tutto cio’ avvenga, bisogna necessariamente AMARE, la vera spiegazione di tutto, sta proprio li’.

Ed ecco allora che si assemblano benevolmente nella tua memoria i cosiddetti RICORDI.

Sono loro i maggiori responsabili dell’effetto che provocano al tuo stato d’animo il far si’ che tu ti senta effettivamente felice.

Se i ricordi sono belli,trasparenti,veri,incorruttibili,sofferti,voluti in due, se i ricordi non ti portano lacrime sul volto ma tenerezza nel cuore, se i ricordi ricompongono tutto il coraggio nella determinazione di una azione presa ,ed in conseguenza della quale vedi mutare il tuo futuro, allora la felicita’ ha avuto ed ha espletato il suo ruolo.
Quello di determinante controfigura di chi prima non eri, ma apparivi, di chi prima rideva, ma senza gioirne, di chi prima anche amava,credendo che nel fare sesso si sarebbero spente le fiamme di quei fuochi che dentro di te ardono,senza che tu sappia chi dentro te li ha accesi.


Crescendo impari a classificare e classificarti:

Il momento del vero cambiamento avviene: quando l’esercizio della quotidianeita’ comincia ad appesantirsi sul tuo diritto alla vita, quando l’acquiescenza al solito dunque diventa banalita’,quando
La ripetizione di cose sempre fatte fa’ si che ti interroghi, quando anteponendo l’ineguaglianza tra il giusto ed il dovere, una parte di te si ribella e comincia a guardarsi indietro!

Quando senti di non piu’ sentire,
quando non trovi cio’ che stai cercando,
quando ti perdi in banalita’,
quando sei stanco senza aver fatto nulla,
quello e’ il momento del non-ritorno, e’ il momento di fermarsi e riflettere.

Recriminare?
Pentirsi?
Ritentare?


No: tutto questo la Felicita’ non lo ammette:

mai troveremo felicita’ nel ripercorrere sentieri dove ci siamo sentiti stretti e scomodi!
Mai troveremmo felicita’ se, pentendoci, sapessimo invero di aver scacciato il morbo da noi!|
Mai troveremmo felicita’, se nel ritentare, lo facessimo solo per una forma di dovere civico e non per il ritrovamento della nostra esistenza persasi chissa’ dove!

Se lo facessimo,daremmo alla felicita’ il senso della sua sconfitta su noi e sposeremmo il suo peggior nemico: LA RASSEGNAZIONE, cio’ che umilia l’essere dal suo ipotetico divenire.

Quindi sentirsi felici e’ quando lo spiegamento di forze che prima determinavano il cammino del tuo destino, e’ finalmente sconfitto!

Io,stamattina, a cavallo tra due secoli, credo proprio di essere vicino
al traguardo massimo che ogni mortale detiene, ma pochi posseggono:

Federico

31/12/2001 ( ore 03,25), a cavallo tra due secoli.

Continua a scrivere ed esprimi sempre quanto dentro a volte fa male, ma scrivi,scrivi,scrivi,scrivi...................
Federico













il 16/09/2004 alle 12:02