Un bianco cerchio di fuoco
che ardente è dentro,
biasimato,
dilania il lobo un tempo infante,
un innocente
figlio di papà.
Di un’anca monco
guercio dell’occhio
cicatrici porta in volto
il possessore del cerchio:
niente è a lui più caro
di quel vessillo di libertà.
E vedrà, il pubblico di tal corsaro,
vedrà ocelot e sfregiate tigri
balzare dentro all’aureola
di un Caino guercio e storpio.
Ma pure nel petto di un dannato
scorre malinconia d’amore
o peggio ancora un tedio mai appagato,
di sera,
quando le stelle non son più
meri pianeti di ghiaccio:
si tocca l’orecchino
sanguinante antichi rimorsi,
lo gira nel foro,
vi appende gl’insulti
di chi detesta
e tutto il resto,
vagabondo lui
e il sacro cerchio.
Duncan