Mi parli di giovinezza
sconcia, malata,
racchiusa tra cieli
di quattro mura,
ingabbiata in geometriche
malinconie,
intristita in deserti
senza amore,
ma che scippa amore
per invidia e perfidia,
confondendo sentimenti
oscuri con passione.
Giovinezza triste,
da solitudine oppressa,
che vaneggia
di passioni anziane,
rincorse disperatamente,
e possibilmente usate
per sorbire
parvenza di vita,
per concludere giochi
sterili, spaventosi,
in girandole
di menzogne predatrici:
Ipertrofica vanità,
squilibrio di anima e
di mente...
Posso solo invocare
la clemenza degli dei,
la loro pietà
per quest'anima giovane
costretta, prigioniera
della peggiore malattia:
sentimenti contorti,
vecchi, in confusione,
caos della piccola mente
che non riesce a vedere
il cielo giovane, azzurro...
Cielo che vanamente,
inutilmente, attenderà
i suoi piccoli anni,
per forgiarli
nel limpido chiarore
di amori giovani, puliti,
da prendere per mano;
per insegnarle
l'armonia della vita.